Umbria, tanti posti al Nido ma ‘pochi’ utenti

L’offerta è del 44 per cento per i bambini da 0 a 3 anni, ma solo una famiglia su sei usufruisce del servizio che è ancora troppo costoso

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Il potenziamento dell’offerta degli asili nido è uno dei principali strumenti della strategia intrapresa negli ultimi anni per contrastare la denatalità e incrementare l’occupazione femminile. E le misure intraprese in Umbria sembrano andare in questa direzione, anche se manca ancora la risposta degli utenti. A rilevarlo una rielaborazione dei dati di Agenzia Umbria Ricerche secondo cui la nostra regione è prima per tasso medio di copertura dei nidi (posti autorizzati su popolazione 0-3 anni) che è pari al 44 per cento e che superano dunque l’obiettivo del 33 per cento fissato a livello europeo. Ancora più basso è il tasso di partecipazione però, cioè la quota di bambini utilizzatori del servizio sulla popolazione potenziale, che si colloca mediamente intorno al 14 per cento. Anche in questo caso sono molto evidenti le differenze interregionali, che a loro volta sono la risultante di situazioni locali assai variegate, con comuni ove l’offerta non è sufficiente a soddisfare la domanda e altri dove invece la domanda è quasi nulla. E la risposta degli utenti in Umbria, seppure leggermente sopra-media, è ancora non soddisfacente: 16,1% con regioni che superano il 20 e altre che sfiorano il 30.

"Un importante cambio di passo – spiegano Elisabetta Tondini e Mauro Casavecchia di Aur – è stato compiuto negli ultimi due anni, con l’introduzione di nuove regole e con lo stanziamento di risorse dedicate, sia per le spese di gestione sia per investimenti infrastrutturali, all’interno del Fondo di solidarietà comunale e nel Piano nazionale di ripresa e resilienza".

Perché la risposta delle famiglie è così bassa? "Diversi fattori ambientali, collegati prevalentemente alla provenienza socio-economica, giocano un ruolo determinante sulla effettiva fruizione del servizio – spiegano i due ricercatori -. Come noto, il ricorso al nido è correlato positivamente al livello di reddito, al titolo di studio, alla condizione professionale dei genitori; ne consegue che ad avvantaggiarsi maggiormente del potenziamento dell’offerta di servizi educativi per l’infanzia finiscono per essere i bambini con maggiori opportunità, mentre restano esclusi per lo più quelli socio-economicamente più svantaggiati che, in quanto tali, ne avrebbero più bisogno. Occorre dunque – concludono – creare condizioni favorevoli alla rimozione delle barriere – di tipo economico, ma anche culturale – che pregiudicano un’effettiva fruizione del servizio. L’ostacolo più importante è il costo elevato, conseguenza della natura non obbligatoria del servizio"