Polizzi ammazzato nel letto di Julia, chiesto l’ergastolo per i due Menenti

Delitto di via Ricci, le richieste dei Pm: ‘Ucciso per vendetta’ / LA REQUISITORIA: "E' VALERIO IL MANDANTE"

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Perugia, 3 aprile 2015 - Ergastolo e 18 mesi di isolamento diurno per colui che viene ritenuto l’assassino di Alessandro Polizzi, Riccardo Menenti, e per il figlio Valerio, il mandante che «avrebbe ammazzato senza sporcarsi le mani». Queste le richieste dei pm Antonella Duchini e Gemma Miliani per il delitto del 26 marzo 2013. Secondo la procura il «movente è rappresentato dalle tre precedenti aggressioni subìte da Valerio», quando il ‘Guerriero’ Polizzi picchiò il 28enne romano in via Ettore Ricci (14 gennaio), nel parcheggio del Red Zone (20 gennaio) e davanti al Re Work (23 marzo), sempre a causa di Julia Tosti, scampata all’agguato e «vittima dei maltrattamenti» del tatuatore.

"Alessandro venne ucciso tre giorni dopo l’ultimo pestaggio senza che Valerio si sporcasse le mani di sangue – sostengono i pm –. Materialmente ha ucciso Riccardo in un momento in cui Valerio era ricoverato in ospedale e poteva contare su un alibi di ferro». Nella seconda parte di requisitoria i magistrati mettono in risalto il «contributo causale di Valerio all’omicidio». Valerio, «concorrente morale e materiale» – è l’accusa – mette nelle mani del padre le chiavi dell’appartamento di Fontivegge in cui l’ex pugile entra senza forzare portone della palazzina o porta di casa. Chiavi di cui Valerio era in possesso, avendo abitato lì con Julia per tre mesi, nel 2012, prima della fine della love-story. Riccardo entra e spara a Polizzi con una vecchia Beretta 34, pistola «ereditata dal nonno» di cui Valerio aveva parlato in più occasioni. Il tatuatore – hanno spiegato Duchini e Miliani – ha fornito un «falso alibi» al padre perché «conosceva le sue condotte delittuose» e questo «è un elemento di prova a suo carico». Un amico di Valerio, Michael Gubbiotti, diviene personaggio centrale nella ricostruzione dei pm. Egli spiegò: «Eravamo in ospedale quando Valerio disse davanti a Riccardo che a Polizzi gliela avrebbe fatta pagare e ci avrebbe fatto pensare al padre». «Un proposito da attuarsi tramite Riccardo che annuiva – stigmatizza l’accusa –. Tra i due esisteva un accordo per vendicarsi di Polizzi». Gubbiotti avrebbe raccontato di domande, fatte dal killer al figlio sulla targa della Lybra della vittima. Un altro dato di «non poco conto» è rappresentato da un sms che Federica Pagnotta, «all’epoca fidanzata di Valerio Menenti», inviò al tatuatore alle 3.14 del 26 marzo 2013, agganciando la cella del Silvestrini «esattamente quando Polizzi veniva ucciso».

ULTIMA, non per importanza, la teste Alina Boszo, che in un compro-oro sentì Valerio pronunciare frasi come «Devono pagare per quello che mi hanno fatto, stai tranquilla perché sarò in ospedale… ». Con chi parlava Valerio? Con quale telefono? Quel 23 marzo, poche ore dopo l’ultima aggressione di Polizzi, il suo cellulare restò muto dalle 14.05 alle 18.01. E’ «l’unico spegnimento durante il ricovero». In corsia non lo vide nessun medico fino alle 18.45. E la Boszo «non aveva interesse né inimicizie» per raccontare quella storia alla polizia.