Uccise la moglie malata, condannato a 21 anni

L’ottantenne sparò alla donna, coetanea, nella notte di Natale dello scorso anno. Da allora è ai “domiciliari“ in una residenza assistita

Furono i carabinieri a raccogliere le dichiarazioni dell’uomo subito dopo l’uccisione

Furono i carabinieri a raccogliere le dichiarazioni dell’uomo subito dopo l’uccisione

Terni, 1 dicembre 2022 - Ventuno anni di reclusione al medico ottantenne Roberto Pacifici che, nella notte di Natale di un anno fa, uccise con due colpi di pistola, legalmente detenuta, la moglie Emanuela Rompietti, insegnante in pensione, malata di Alzheimer. La tragedia si consumò nella loro villetta di Amelia. La sentenza di condanna è stata pronunciata dalla Corte d’Assise di Terni, che ha accolto le richieste della pubblica accusa. L’anziano, difeso dall’avvocato Luca Leonardi, ha sempre sostenuto di aver agito spinto dalla disperazione di assistere all’aggravarsi delle condizioni di salute della moglie. Entrambi conosciutissimi e stimati, la tragedia aveva sconvolto la comunità. L’uomo è agli arresti domiciliari in una residenza sanitaria assistita dal momento del fatto.

Al momento della tragedia in casa c’erano anche uno dei figli della coppia, la compagna e una badante. Furono loro ad accorgersi dell’accaduto e ad avvisare i carabinieri, che poi hanno condotto le indagini coordinate dalla procura e sfociate nel pronunciamento di ieri della Corte d’Assise. L’anziano medico aveva subito ammesso i fatti, dichiarandosi "angosciato" per le condizioni della moglie, purtroppo in peggioramento. "Non potevo più vederla cosi’". Queste le parole che il cardiologo ottantenne in pensione pronunciò davanti al giuduce delle indagini preliminari, ribadendo la confessione fornita subito dopo l’uccisione della donna. All’uomo sono state riconosciute le attenuanti generiche. L’immane tragedia aprì anche un dibattito nella comunità, travalicando i confini territoriali.

"Emanuela aveva l’Alzheimer – scrisse un collega di tanti anni di lavoro nella scuola in un post che fu ampiamente diffuso – e la sua malattia si era rapidamente aggravata negli ultimi mesi. Le dinamiche e i conflitti familiari sono spesso insondabili e insidiosi, ma presentare l’assassinio di una donna malata mettendo in primo piano esclusivamente le ragioni di un uomo esasperato, sembra giustificare il gesto di chi nega il diritto a vivere a chi soffre, e questo mi sembra intollerabile. In questo momento tragico e tristissimo mi commuove ricordare l’affetto, la vitalità e la grande generosità di cui era capace".