di Luca Fiorucci  Piero Fabbri rimane in carcere. Il giudice per le indagini preliminari Piercarlo Farabotta, che ha firmato l’ordine di custodia cautelare richiesto dalla Procura della Repubblica di Perugia, e che ieri ha rigettato la richiesta dell’indagato di revoca della misura o di ottenere l’alternativa dei domiciliari, ritiene anche che sia necessario fare ulteriori accertamenti per arrivare a definire con esattezza cosa è avvenuto l’11 gennaio nei pressi del fosso delle Carceri, nel parco del monte Subasio. Dove Davide Piampiano, 24 anni, ha perso la vita per un colpo di fucile che lo ha raggiunto all’addome. Un colpo esploso da Fabbri, conosciuto come “il biondo“, quasi un secondo padre per lo stesso Davide. Un errore fatale, "Pensavo che fossi un cinghiale" cattura la videocamera che Piampiano indossava e che, in 17 minuti, racconta i tragici momenti del ferimento ma anche quello che, per la Procura, è il tentativo di Fabbri di depistare le indagini invece di chiamare i soccorsi.  Secondo l’accusa, Fabbri avrebbe cercato di far sembrare l’incidente di caccia come un fatto autonomo. "Gli è partita una botta" aveva detto a un terzo amico che in quel momento stava cercando in auto il cane scappato e che,poi, aveva chiesto l’intervento del 118. Intervento vano, perché all’arrivo dei soccorritori Davide era morto davanti agli occhi di Fabbri che, secondo la tesi difensiva, non lo avrebbe abbandonato un attimo. Perché, se Fabbri nell’interrogatorio di garanzia ha ammesso di aver sparato e colpito involontariamente Davide, "Era buio", respinge la contestazione di aver aspettato diversi minuti prima di chiamare qualcuno, tra l’altro un altro cacciatore e non l’ambulanza. Allo stesso modo, nessun depistaggio che, invece, la Procura gli imputa, ricostruendo che, dopo aver sparato a Piampiano e aver appurato di averlo colpito, avrebbe scaricato il fucile del ragazzo, fatto sparire la cartuccia esplosa dal suo, nascosto fucile e giacca.  Per poi raccontare a tutti dell’incidente, ai carabinieri di essere arrivato sul luogo dopo aver sentito il colpo pensando che l’amico cacciatore avesse abbattuto il cinghiale. Ricostruzione a cui non credono gli inquirenti, ritenendo che l’uomo facesse parte della battuta, tra l’altro di frodo. Mentre gli atti ora passeranno al gip di Firenze per competenza, poiché la madre della vittima è un giudice onorario al tribunale civile di Spoleto, sui social è stata creata una pagina che rivendica l’innocenza di Fabbri. Nel gruppo “Piero Fabbri libero“, che a ieri sera contava sette membri, numerosi commenti indignati, tra i quali quelli della fidanzata di Davide, che contestano la tesi dei sostenitori dell’innocenza di Piero Fabbri.

Cronaca

di Luca Fiorucci

Piero Fabbri rimane in carcere. Il giudice per le indagini preliminari Piercarlo Farabotta, che ha firmato l’ordine di custodia cautelare richiesto dalla Procura della Repubblica di Perugia, e che ieri ha rigettato la richiesta dell’indagato di revoca della misura o di ottenere l’alternativa dei domiciliari, ritiene anche che sia necessario fare ulteriori accertamenti per arrivare a definire con esattezza cosa è avvenuto l’11 gennaio nei pressi del fosso delle Carceri, nel parco del monte Subasio. Dove Davide Piampiano, 24 anni, ha perso la vita per un colpo di fucile che lo ha raggiunto all’addome. Un colpo esploso da Fabbri, conosciuto come “il biondo“, quasi un secondo padre per lo stesso Davide. Un errore fatale, "Pensavo che fossi un cinghiale" cattura la videocamera che Piampiano indossava e che, in 17 minuti, racconta i tragici momenti del ferimento ma anche quello che, per la Procura, è il tentativo di Fabbri di depistare le indagini invece di chiamare i soccorsi. 
Secondo l’accusa, Fabbri avrebbe cercato di far sembrare l’incidente di caccia come un fatto autonomo. "Gli è partita una botta" aveva detto a un terzo amico che in quel momento stava cercando in auto il cane scappato e che,poi, aveva chiesto l’intervento del 118. Intervento vano, perché all’arrivo dei soccorritori Davide era morto davanti agli occhi di Fabbri che, secondo la tesi difensiva, non lo avrebbe abbandonato un attimo. Perché, se Fabbri nell’interrogatorio di garanzia ha ammesso di aver sparato e colpito involontariamente Davide, "Era buio", respinge la contestazione di aver aspettato diversi minuti prima di chiamare qualcuno, tra l’altro un altro cacciatore e non l’ambulanza. Allo stesso modo, nessun depistaggio che, invece, la Procura gli imputa, ricostruendo che, dopo aver sparato a Piampiano e aver appurato di averlo colpito, avrebbe scaricato il fucile del ragazzo, fatto sparire la cartuccia esplosa dal suo, nascosto fucile e giacca. 
Per poi raccontare a tutti dell’incidente, ai carabinieri di essere arrivato sul luogo dopo aver sentito il colpo pensando che l’amico cacciatore avesse abbattuto il cinghiale. Ricostruzione a cui non credono gli inquirenti, ritenendo che l’uomo facesse parte della battuta, tra l’altro di frodo. Mentre gli atti ora passeranno al gip di Firenze per competenza, poiché la madre della vittima è un giudice onorario al tribunale civile di Spoleto, sui social è stata creata una pagina che rivendica l’innocenza di Fabbri. Nel gruppo “Piero Fabbri libero“, che a ieri sera contava sette membri, numerosi commenti indignati, tra i quali quelli della fidanzata di Davide, che contestano la tesi dei sostenitori dell’innocenza di Piero Fabbri.

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