Test rapidi a 70 euro, tutto rinviato. La Regione vuole un confronto

Ispezione del Nas e dell’Asl nel laboratorio di Ponte San Giovanni. Il titolare: "Siamo in regola e non vogliamo lucrare sulla sciagura". La Cgil insorge: Problema etico e di sicurezza

I militari del Nas (foto di archivio)

I militari del Nas (foto di archivio)

Perugia, 3 aprile 2020 - Lo stop arriva in serata a una manciata di ore dall’avvio dei test rapidi immunologici (per la ricerca degli anticorpi) ai privati cittadini che ne facciano richiesta presso un laboratorio di Ponte San Giovanni. "Prima ci confrontiamo con la Direzione sanità della Regione, come ci è stato chiesto e poi partiamo", spiega Alessio Brugnoni della Chirofisiogen. Ma chiarisce: "Siamo in regola, come confermato dai controlli: vogliamo offrire un servizio, non lucrare sulla sciagura, come ci hanno accusato".

Ma l’annuncio, riportato da ’La Nazione’ è bastato a far scattare i controlli. Ieri mattina i carabinieri del Nas e l’Asl si sono presentati al laboratorio che da qualche giorno stava pubblicizzando sui social il rapid test per la ricerca dell’anticorpo del SarsCoV2 a settanta euro, con un percorso dedicato, in sicurezza. Non solo la Chirofisiogen aveva già predisposto i moduli da far sottoscrivere ai pazienti per l’autorizzazione – in caso di positività – a contattare il medico curante e intraprendere il corridoio Covid. Tutto saltato. Dopo una giornata ad altissima tensione la Regione si è trincerata dietro un ostinato silenzio mentre Brugnoni ha spiegato di aver avuto contatti ufficiali e di aver deciso di rinviare l’avvio dei rapid test per "condividere un percorso relativo alla comunicazione dei dati che deriveranno da questi test". Ma a Palazzo Donini c’è stata più di qualche preoccupazione per capire se i privati potevano procedere – nel mezzo di un’epidemia – con un esame non validato da Iss e Oms. Anche perché i rapid-test immunologici che sta facendo il servizio sanitario pubblico sono sempre associati al tampone naso-faringeo per la ricerca dell’Rna (il dna del virus) e vengono analizzati dal laboratorio di Microbiologia.

L’altro nodo da sciogliere riguardava la possibilità per i pazienti di uscire di casa per andare a fare il test senza incorrere nelle sanzioni: "Noi continuiamo a fare anche altri tipi di esami privatamente – chiarisce Brugnoni –, e i pazienti vengono con una semplice autocertificazione". Sulla questione è intervenuta anche la Cgil. Per il sindacato "non è pensabile che i test rapidi per il coronavirus vengano fatti a pagamento in strutture private, senza alcun criterio di selezione se non quello del portafoglio dei clienti". Il sindacato ha quindi reso noto di avere interessato Regione e prefettura che "hanno convenuto sulla sua assoluta inopportunità". "In primo luogo - sottolinea la Cgil - è la stessa comunità scientifica umbra ad affermare che l’utilizzo indiscriminato del test rapido su larga scala potrebbe comportare il venir meno delle misure di contenimento sociale. Accanto a questo c’è un’enorme questione etica, che in una fase come questa dovrebbe trattenere anche i più audaci dal fare soldi sulle paure e sulle fragilità delle persone".