Vent'anni fa il terremoto in Umbria: morte, distruzione e rinascita

Tre terribili scosse, poi tante repliche. Danni gravissimi, oggi sanati dopo una lunga opera di ricostruzione

Il crollo nella basilica di San Francesco

Il crollo nella basilica di San Francesco

Perugia, 26 settembre 2017 - Il sisma del 1997 in Umbria danneggiò circa 33mila edifici, mentre le persone evacuate furono 22.604. Il terremoto colpì 76 comuni, provocando danni per 8 miliardi di euro. Quattro le scosse significative: la notte del 26 settembre (5,8 alle 2.33), la mattina seguente alle 11.42 di 6,1 e poi il 14 ottobre (5,5) e infine, il 26 marzo 1998 a Gualdo Tadino. Negli occhi di tutti ci sono ancora i danni della basilica di Assisi, la cui volta disegnata da Giotto crollò mentre tecnici e frati erano dentro a fare una prima stima dei danni. Immagini terribili che ancora oggi fanno capire la forza di quel terremoto.

 Le prime tre scosse avevano avuto come epicentro la montagna di Foligno: Annifo, Colfiorito e Sellano. Sono i dati contenuti in «Diventi Umbria», la pubblicazione a cura della Regione in cui si ripercorrono i momenti drammatici dell'epoca. Ad oggi sono rientrate nelle proprie abitazioni 22.337 persone, il 99 per cento, sono stati ultimati 11.260 interventi (il 97 per cento), mentre la spesa complessiva, comprensiva dei mutui regionali, delle risorse comunitarie e quelle destinate a specifici interventi, ammonta a 5 miliardi e 172 milioni di euro, pari al 96 per cento delle risorse disponibili e programmate nel periodo 1998-2016.

Il sisma segnò un punto di svolta per la sismologia italiana perché fu anche il primo terremoto nel nostro Paese per il quale furono contemporaneamente disponibili dati di alta qualità rilevati dalle reti di monitoraggio a terra e dai satelliti, inaugurando l'era della sismologia spaziale. L'insieme di questi dati permise di delineare con una precisione mai raggiunta prima le caratteristiche delle faglie che si erano attivate e dei meccanismi di generazione dei terremoti appenninici.

Gli eventi sismici degli anni successivi, il terremoto del 2009 all'Aquila e la recente sequenza del 2016-2017, hanno confermato molte delle interpretazioni tratte dagli studi sui terremoti del 1997. Un tratto importante emerso dagli studi sulla sequenza del 1997 è la tendenza dei terremoti appenninici a manifestarsi con la migrazione della sismicità tra segmenti di faglia vicini, come accadde proprio il 26 settembre 1997.

Al primo terremoto di magnitudo 5.7, avvenuto nella notte alle 02:33 italiane, seguì un secondo evento più forte nove ore dopo, di magnitudo 6.0, che provocò ulteriori crolli e vittime. Studi successivi permisero di comprendere le cause di questa migrazione di sismicità. I terremoti del 1997 inaugurarono anche l'era della «sismologia spaziale» in Italia. Gli eventi del 26 settembre sono stati infatti i primi terremoti italiani per i quali i satelliti permisero di evidenziare gli spostamenti della superficie e realizzare così un modello di faglia.