Primo giorno di scuola in Umbria: abbracci vietati, però è impossibile resistere

Nostro viaggio negli istituti scolastici perugini. Sorrisi, timori e nuove regole. I banchi? In molti casi sono quelli di sempre

L’ingresso della San Paolo, succursale

L’ingresso della San Paolo, succursale

Perugia, 15 settembre 2020 - Arrivano timorosi (i grandi), alla spicciolata, guardinghi: ci si potrà avvicinare a scuola o si creeranno assembramenti vietati? "Ma tu la certificazione l’hai fatta? Il patto con la scuola firmato? E la febbre?". "Gliel’ho misurata ieri sera e l’ho scritto sul diario". "Io stamattina, ma non l’ho scritto". Eppure c’era su una delle comunicazioni-segnature che stanno inondando le mail di mamme e papà, sempre a caccia di una stampante. Loro, invece, gli studenti arrivati davanti alla scuola mezzi nascosti dalle mascherine, gli zaini vuoti, gli occhi ancora pieni di sonno, ma quando si incontrano di nuovo dopo la paura, il lockdown e le vacanze, è tutto come prima. E si sciolgono in un abbraccio. Stretti stretti con i volti infilati nei capelli dell’altro. Con buona pace dello spettro del Covid, del distanziamento obbligatorio di un metro in classe e dell’affettività da evitare. Soprattutto le femmine, perché ai maschi, si sa, basta un’occhiata e un ’ciao’ strascicato per rinnovare il patto di solidarietà.  

Ma sorridono, come sempre, incuranti delle ansie dei grandi. Suona la campanella. Alla San Paolo succursale che ospita anche le elementari Fabretti sono le 8. I ragazzi salgono le scale e poi, ordinati, riscendono. Non tocca a loro. Gli ingressi sono scaglionati. Entrano le III, poi le II. Le Prime per ultime tra le 8.10 e le 8.50. I bimbi delle elementari devono passare per l’ingresso secondario di via Benincasa ma, all’ultimo momento la preside decide di farli uscire dal cancello principale. I genitori restano fuori. Con tutte le ansie, i dubbi e le polemiche del primo giorno di una nuova era. "Ma quanta tosse o raffreddore deve avere per tenerlo a casa? E se è allergico? Va bene la mascherina di stoffa?". "No, ma Arcuri ha detto che le daranno a scuola". "E se stanno a casa perdono le lezioni o possono seguirle in collegamento?". Un dibattito che dal piazzale si trasferisce nelle chat di classe, il vero termometro della scuola vista dalle famiglie.  

Poi, una volta in classe, il primo argomento è ovviamente il virus e la sicurezza. Dei ragazzi, dei genitori ‘fragili’, dei nonni anziani. La collettività che guarda alla scuola con ansia e pericolo e a volte si perde l’occasione della ripartenza. C’è chi ha la mascherina rotta, chi ha portato quella in tessuto, chi non ha la bustina per riporla. Chi starnutisce e costringe la prof a ripetere: "Chi ha il raffreddore, la tosse o la febbre deve stare a casa". Qualche intoppo non poteva non mancare. Ovviamente non tutto è andato per il verso giusto. Alla San Paolo si è scoperto ieri mattina che un’aula era troppo piccola: per 22 alunni invece che 25. Tre ragazzi sono costretti a stare prima seduti in terra, poi su alcune sedie e, verso l’ultima ora di lezione, sono comparsi i famosi banchi con le ruote: un accenno di autoscontro. Gli altri stanno seduti sui vecchi banchi doppi, "uno a capotavola – racconta un’alunna della Seconda media – e il compagno al centro (all’estremo opposto, ndr). Eravamo a venti centimetri e abbiamo dovuto tenere la mascherine tutta la mattina. Manco respiravamo più". A macchia di leopardo in molte altre scuole – come la Foscolo – i banchi sono rimasti doppi e le mascherine calzate per tutto il tempo.  

E le prof? "Qualcuna aveva la visiera e hanno dovuto spostare la cattedra in classe – racconta un altro alunno – perché non c’era abbastanza spazio. La dirigente è arrivata di corsa e si è arrabbiata. Ci ha spiegato che di banchi con le ruote ne hanno comprati solo trenta perché costano troppo". Racconti di ragazzi che sembrano sempre distratti e invece sanno tutto. E il virus? "Ci hanno fatto vedere un video cinese con i sottotitoli in italiano". Alla San Paolo centrale il primo giorno è iniziato nel grande teatro. "La preside ci ha spiegato le nuove regole: che non possiamo toccarci naso e bocca e quando andiamo in bagno dobbiamo lavare le mani all’entrata e all’uscita, e disinfettarle", racconta un alunno di Prima. "I banchi erano quelli vecchi ma davanti hanno due ruote al posto dei piedini e sono distanziati. La mascherina la mettiamo quando ci alziamo e alla fine ci hanno dato gli ’spruzzini’ per pulire sedia e banco". Poi la distribuzione delle mascherine in ordine sparso: in una classe 5, in un’altra 10, in una due. Al Capitini ad un ragazzo si era rotto l’elastico della mascherina ed è andato in tilt ma la ’bidella’ – ora si chiama collaboratore – gliene ha portata una nuova. Le ’superiori’ sembrano un mondo a parte: chi è entrato alle 9, chi alle 10. Chi ha fatto due ore di lezione, chi tre. Chi, come al Pieralli, farà un giorno in presenza e uno a distanza (la Dad). Mancano aule, prof, banchi. "Non ci sono docenti e bidelli", si sfoga un insegnante del Capitini. Ne servono almeno 700, senza contare le eventuali certificazioni di malattia. Al Galilei, 1400 anime, sono stati creati punti di raccolta all’esterno della scuola a seconda delle classi mentre all’interno le frecce indicavano il percorso da seguire. "E’ stato tutto ordinato – spiega un alunno – . In classe avevamo banchi singoli distanziati e una volta seduti abbiamo potuto togliere la mascherina. I prof l’hanno tenuta solo quando si avvicinavano a noi. A terra hanno disegnato le sagome, così che non possiamo spostarli e la preside ci ha detto che per le merende vuole fare un’App per ordinarle al bar della scuola". Tutto abbastanza ordinato al Giordano Bruno con ingressi scaglionati mentre una pattuglia della Guardia di Finanza controllava per evitare assembramenti.