Don Lucio abbandona la tonaca a sei anni dallo scandalo

Violenze sugli ospiti, era il direttore della Caritas diocesana

Don Lucio Gatti, prima indagato dalla procura, poi sospeso dalla Curia. E’ tornato alla vita laicale

Don Lucio Gatti, prima indagato dalla procura, poi sospeso dalla Curia. E’ tornato alla vita laicale

Perugia, 10 ottobre 2018 -  Ha abbandonato la tonaca don Lucio Gatti, l’ormai ex prete che nel 2014 ha patteggiato due anni (pena sospesa) per molestie sessuali ai danni di alcuni giovani ospiti nelle comunità da lui gestite. A comunicarlo è la Curia perugino-pievese, precisando che Gatti «ha chiesto e ottenuto dal Santo Padre Francesco di tornare alla vita laicale, con dispensa dagli obblighi provenienti dalla sacra ordinazione, ricevuta il primo giugno 1996». Alla luce dello scandalo che lo ha travolto, il religioso ha rinunciato allo stato clericale, come previsto dal Codice di diritto canonico. Dimissione ex rescripto, nel gergo della Chiesa. Nuova vita e rientro in società, nel linguaggio comune.

In ogni caso la Curia, si legge nella nota diffusa ieri, «accoglie con sincero rispetto il suo gesto e assicura la sua preghiera». Una vicenda dolorosa quella che ha coinvolto il parroco, già direttore della Caritas diocesana e fondatore di strutture di accoglienza in diverse zone dell’Umbria. In primis quella di San Fatucchio, a Castiglione del Lago, dove si sarebbero verificati gli abusi. Alle accuse pesantissime di violenze sessuali e abuso dei mezzi di correzione si è giunti in seguito alle denunce di alcuni ragazzi, accolti nelle comunità dirette dallo stesso don Lucio. Macigni sulle spalle del sacerdote, molto conosciuto e amato, anche per il suo impegno a favore degli ‘ultimi’. Già durante le indagini e prima di arrivare al patteggiamento, il parroco era stato sospeso per cinque anni da ogni attività pastorale. Decisione adottata dall’allora arcivescovo, oggi cardinale, Gualtiero Bassetti «per consentirgli di svolgere un percorso spirituale-riabilitativo».

Per affrontarlo Don Lucio si è ritirato in una comunità del Nord Italia, dove si troverebbe ancora oggi. Poi il processo, che si è concluso con la condanna patteggiata davanti al gup di Perugia. Sulla scelta del rito alternativo aveva fatto chiarezza il legale di don Gatti, l’avvocato Nicola Di Mario: «Non manifesta alcun significato conclusivo in senso colpevolista, ma riflette la precisa volontà di definire in tempi rapidi le contestazioni di addebito», aveva detto all’epoca il difensore. Oggi è arrivata la rinuncia all’abito talare, con l’avallo del Pontefice. Forse un nuovo punto di partenza.

Chiara Santilli