’’Pnrr’’ e sanità, il nodo degli ospedali di comunità

Saranno uno ogni 100mila abitanti ma i timori che il rapporto numerico possa essere insufficiente restano. Riflettori anche sulla formazione del personale

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Pnrr e sanità: tra i numeri e i progetti che affollano il tempo ristretto delle decisioni, inevitabile riflettere sulle prospettive di quella che, con gli investimenti in ballo, dovrebbe diventare una rivoluzione nella gestione dei servizi alla salute. Ma l’efficacia reale del nuovo maxi-progetto dipenderà dalla capacità di renderlo efficiente e operativo. La pandemia ci ha insegnato quanto sia importante la medicina territoriale. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) tra le tante missioni dovrebbe permettere l‘attuazione di un nuovo modello di cura per affrontare le nostre emergenze di salute. Una vera rivoluzione appunto. Dopo il Piano Sanitario Regionale Umbro 20212025, l’assessorato alla sanità è stato chiamato a svolgere una serie di passi in accordo a strette tempiste del Pnrr definite dalla Cabina di Regia Nazionale, dalla Conferenza Stato-Regioni e dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas). Il tutto per giungere entro il prossimo 30 Giugno alla firma del Contratto Istituzionale di Sviluppo tra ogni singola Regione ed il Ministero della Salute. In un recente documento l’Usl 2 ha snocciolato parametri e progetti. Parametri che potrebbero essere sottostimati, come farebbe temere, per esempio, quanto dichiarato dal professor Balduzzi (già ministro della salute) nell’incontro svoltosi al ministero il 20 aprile. Il rischio da scongiurare è lo sbilanciamento verso la sanità privata e l’esigenza da soddifare è anche l’adeguata formazione del personale. Sul nuovo piano di riorganizzazione sanitaria le opposizioni di centrosinistra avevano sollevato perplessità, anche in relazione alla mancata scelta di Foligno come centro di comunità, anche se poi l’Usl sembra averla indicata come possibilità in seconda battuta. Ma torniamo ai numeri. L’Usl 2 con una popolazione di circa 381.000 abitanti non dovrebbe avere solo 2 Centri Operativi Territoriali come quelli previsti ma almeno 3. Non dovrebbe avere solo 10 Case di Comunità ma almeno 12 e continuando, non dovrebbe avere solo 5 ospedali di Comunità ma almeno 7. Con 7 ospedali di comunità si avrebbe una media grosso modo di un ospedale per ogni 50mila abitanti. Secondo le indicazioni dell’Agenas invece si arriva a ipotizzare un ospedale ogni 100mila abitanti ognuno con una ventina di posti letto, basteranno? Il rischio è che il rapporto sia insufficiente e antieconomico. Eppure l’argomento non è nuovo, si parla di Strutture Complesse di Cure Primarie (Case della Salute) sin dal 2006 così come si parla di telemedicina, televisita, teleconsulto e fascicolo sanitario elettronico sin dal 2003. "In altre regioni gli operatori della salute – spiega il dottor Bruno Checcucci, già docente di Telecomunicazioni applicate all’Università di Pg –, il mondo della conoscenza ed i decisori politici sono riusciti a fare squadra, per ridurre i costi del SSR, con iniziative come quella attuata dalla Regione Valle d’Aosta con il programma 5000 genomi, che immagina la costruzione di un Centro di ricerca dedicato alla medicina di precisione, personalizzata, preventiva e predittiva da integrare col sistema sanitario regionale per un migliore accesso alle terapie personalizzate".