A Umbria Jazz c'è anche il nipote di Mina. "Fa scoprire alla nonna i cantanti di oggi"

Il nipote della celebre star è a Perugia per i corsi della Berklee, il padre Massimiliano elogia docenti e organizzazione

Da sinistra: Edoardo Pani, Giovanni Tommaso  e Massimiliano Pani

Da sinistra: Edoardo Pani, Giovanni Tommaso e Massimiliano Pani

Perugia, 21 luglio 2018 - Il cortile delle scuole Fabbretti è un crocevia di razze e lingue diverse che poi d’un tratto diventano un unico straordinario linguaggio, quello della musica jazz. E’ una delle tante facce di UJ che da 33 anni porta a Perugia giovani da ogni parte del mondo. Quest’anno tra di loro anche il nipote di Mina, Edoardo Pani, 14 anni e il suo sax contralto. Ad accompagnarlo il celebre papà Massimiliano. A fare da trait de union - con la complicità di Gigi Napolitano -, Danilo Rea, grande artista jazz e da oltre vent’anni pianista di Mina.

Allora Pani, è qui da dieci giorni. Bilanci?

«Sono molto colpito. Non tanto e non solo dal metodo didattico della Berklee che non si discute, quanto dall’atmosfera che il direttore artistico Giovanni Tommaso e gli organizzatori di UJ sono bravissimi a creare. Qui ci sono 211 ragazzi, una settantina stranieri, tutti in grande sintona grazie alla musica. Non è scontato. Se si facesse la stessa cosa nello sport si creerebbero dei gruppetti divisi, delle faziosità. Qui invece c’è armonia. Molti forse non faranno mai i musicisti ma vivono un’esperienza straordinaria. Complimenti. Avvicinare un ragazzo alla musica e lasciargli un seme che se vuole coltiverà è sempre positivo».

Suo figlio parla di musica con nonna Mina?

«La cosa bella è che lei dalla sua sconfinata cultura musicale consiglia lui facendogli scoprire cose cui Edoardo non penserebbe mai e lui fa altrettanto con lei proponendole gli artisti contemporanei che sono nelle sue giovani corde. E’ la musica che avvicina le generazioni. Ma se un giorno Edoardo decidesse di fare il chimico andrà bene lo stesso».

Che concerti ha visto ad UJ?

«Ho fatto decidere a mio figlio. Io l’ho consigliato. E’ rimasto molto colpito da Pat Metheny ad esempio. Ma anche dalla serata inaugurale con Quincy Jones, straordinaria occasione per questi ragazzi di conoscere brani come la sigla di Iron Side o un’arrangiamento del ‘58 per Sarah Vaughan. E poi Joshua Redman, per non dire di Rea, Fresu, Bosso e tanti altri».

E tra una lezione e una jam session di suo figlio lei cosa fa?

«Visito questa città bellissima e accogliente. Il suo Museo Archeologico, la Galleria Nazionale, il Collegio del Cambio... e vivo quest’amtosfera magica di città della musica. Davvero unica al mondo»

Tornerà, magari con Mina?

«Sarebbe interessante se lei avesse voglia di fare una Clinic per i cantanti con questa formula professionale, diversa dai talent che sono invece più uno spettacolo televisivo. Qui sarebbe un buon luogo per spiegare ai giovani che questo lavoro è lacrime, sorrisi, emozioni e non solo potenza vocale...»