Norcia, sono ore di disperazione "Così è impossibile andare avanti"

Prima il terremoto, poi la pandemia con le sue prolungate restrizioni. Le voci degli operatori

Con l’Umbria dichiarata zona arancione nella lotta al Covid, da oggi a Norcia non chiudono soltanto bar e ristoranti come prevede il Dpcm, ma abbassano le saracinesche anche molte norcinerie. E il sentimento che prevale tra i commercianti è quello dell’abbandono. "Non ha senso restare aperti in queste condizioni", dice all’Ansa Moreno Filippi, ristoratore e titolare di alcune norcinerie dentro il centro storico. "Questi negozi - aggiunge - vivono di turismo, così non resta che chiudere e dallo Stato attendiamo aiuti anche per queste attività".

Claudio Funari ha la sua norcineria tra i negozi delocalizzati nel post sisma, appena fuori le mura. "Ieri - racconta – il primo scontrino l’ho battuto alle 18,30, quando ho venduto un chilo di salsicce fresche, poi ho battuto altri quattro che sono ancora nei pacchi che devo spedire". Le vendite on line potrebbero essere l’ultimo baluardo cui aggrapparsi per tentare di limitare i danni. "Ma quest’anno ci sono meno soldi e c’è un’Italia intera a soffrire – sottolineano i commercianti _ e non avremo la solidarietà del passato". I bar servono le ultime colazioni prima di chiudere di nuovo, una delle ragazze dietro il bancone del locale di Porta Ascolana, pensando al nuovo lockdown, spiega che "così non si vede un futuro". La disperazione dei ristoratori è totale. "Abbiamo dato fondo alle nostre risorse in questi 4 anni, dopo il lockdown siamo costretti a una nuova chiusura, siamo destinati a morire", afferma Alberto Allegrini, anche presidente della Confcommercio in Valnerina. "Non abbiamo bisogno di quattro spicci – prosegue –, vogliamo lavorare in sicurezza. Se invece si deve chiudere allora chiudiamo tutto, ma a patto che lo Stato ci permetta di sopravvivere e non si presenti con 600 euro".