Immagina di avere vent’anni e morire trucidato in primavera… Oggi sembra impensabile per noi che accada una tragedia simile, eppure ciò è avvenuto il 28031944 proprio a Perugia, a pochi passi dalla nostra scuola (Ponte della Pietra, in quello che nelle fonti è chiamato “Parco Pugliese”). Immagina di pensare che la guerra è finita, dopo l’8 settembre 1943 (le campane suonarono a festa a Sigillo) e stai lentamente tornando alla vita di sempre. È il 27 di marzo, la primavera sta bussando alle porte, gli alberi si riempiono di fiori dai mille profumi; pian piano il cielo si schiarisce e le nuvole si spostano lentamente facendo apparire il sole, una brezza leggera trasporta nuovi profumi. Ma la guerra non è finita. Al comando tedesco di Gubbio è arrivato l’ordine di rastrellare la zona compresa tra Gubbio e Sigillo per liberarla dai partigiani che si nascondono nelle montagne e preparano agguati. I soldati si schierano a cinque metri l’uno dall’altro e lentamente avanzano lungo le pendici del monte Cucco. Ennio sta tagliando la legna, sente degli spari in lontananza, così prova a risalire il monte, il suo monte quello dove era cresciuto, che conosceva come le sue tasche, ma dall’altro versante un drappello di soldati tedeschi lo individua e lo arresta. Amato era ritornato dalla guerra perché ferito ai piedi ed era in convalescenza; lo catturano ugualmente reputandolo un disertore. Quel giorno viene fermato anche Pietro, un carabiniere, originario della Campania, non abbiamo molte notizie su di lui, forse era uno dei tanti militari che si era disfatto della propria divisa, pur di non indossare quella della Repubblica di Salò. E poi c’è un ignoto, un ragazzo, qualcuno di cui non riusciamo a ricostruire nemmeno il nome, forse qualcuno che voleva solo vivere la sua giovane età. La vita di questi otto giovani uomini cambia in un batter d’occhio. Sono portati in fretta e in furia davanti al Tribunale militare di Gubbio dove viene istruito un processo farsa: non hanno diritto alla difesa, sono accusati di non essersi presentati in caserma per combattere al fianco dei repubblichini, di essere renitenti alla leva, in una parola dei traditori. Per i traditori nell’Italia del 1944 c’è solo una condanna: la pena capitale. Vengono trasferiti a Perugia, nella zona dove sorge villa Bonelli (ora Villa Capitini, di proprietà dell’Università di Perugia, nei pressi della Residenza Chianelli); è una zona isolata, nessuno sentirà nulla. La luna piena brilla in cielo. Gli otto ragazzi sono costretti a scavare la loro fossa; piangono, invocano i nomi di madri e padri. All’alba il silenzio della notte è interrotto da otto spari, uno dietro l’altro e poi più nulla. Le urla disperate sono inghiottite dalle tenebre...