Nicola Romano, trovato cadavere a 26 anni in un appartamento

Perugia, 15 novembre 2022 - "Non ci arrenderemo mai, finché sulla morte di mio fratello non sarà fatta giustizia". Chiara è la sorella di Nicola Romano, trovato cadavere in un appartamento di via Mater Dei, a Perugia, il 17 agosto del 2013. Overdose, s’era detto. Tanto che le indagini, nell’immediatezza, erano state archiviate. Ma la famiglia non si è arresa a una verità che sembrava impossibile. Il caso è stato riaperto e ora il gip Natalia Giubilei, accogliendo l’opposizione all’archiviazione delle indagini (riaperte dopo nove anni) avanzata dalla famiglia, rimette in gioco tutto. "Si ritiene che sia necessario – si legge nell’istanza del gip – provvedere all’analisi dei reperti in sequestro - laddove non distrutti - e quindi sulla siringa, sulla quale vi erano tracce ematiche, per verificare se il sangue sia riconducibile a Romano, o vi siano imronte digitali, nonché sulla fiala e sui bicchieri rinvenuti nel lavello, per verificarne il contenuto e, laddove possibile, estrarre dna e impronte". Il gip chiede anche che venga ascoltato un amico di Nicola "circa i suoi (dell’amico, ndr) movimenti la sera e la notte del decesso di Romano o se era a conoscenza delle persone che potevano essere con lui". La partita dell’indagine, insomma, è quantomai aperta. "Finalmente – sottolinea Chiara –. All’inizio hanno archiviato tutto basandosi sul fatto che mio fratello aveva avuto problemi con la droga. Problemi che aveva risolto. E lo dimostra che aveva ottenuto il visto per l’Australia, dove avrebbe dovuto andare a vivere a settembre, e aveva riavuto la patente". Ma non c’è solo questo a fare credere alla famiglia che Nicola non sia morto per overdose di morfina, com’è si pensava all’inizio. La famiglia, infatti, ha affidato a due periti l’incarico di stabilire le cause del decesso del ventiseienne e i risultati aprono diversi interrogativi. "Nel corso del procedimento – ricorda ancora il giudice – sono state eseguite varie consulenze mediche, di segno opposto: da un lato il primo consulente del pm, che ha eseguito l’autopsia, concludeva per una morte dovuta da intossicazione acuta da morfina (la cui presenza potrebbe indicare un’assunzione di eroina), dall’altro i consulenti di parte ipotizzavano una morte per soffocamento, evidenziando il basso valore della morfina, tale da non determinare una intossicazione acuta, e tenuto conto dei dati estrinseci, cioè lo stato dell’appartamento, la presenza di un cuscino appena sopra la testa del giovane, la presenza di altre persone, il fatto che l’iniezione della sostanza era avvenuta nel braccio destro, cosa quasi impossibile visto che Romano era destrimane e, quindi, si sarebbe dovuto praticare l’iniezione con la mano sinistra". E’ Chiara , che al tempo aveva neanche vent’anni, a sottolineare anche che "Nicola aveva il braccio destro pieno di graffi e un livido sullo stesso braccio, come fosse l’impronta di una mano che voleva trattenerlo. Nel corpo di mio fratello non è stata trovata eroina, solo morfina e in quantità tale da non poterlo uccidere". Ma la famiglia sottolinea anche altri due eventi: "Nei giorni precedenti, Nicola era stato picchiato due volte: ci diceva di avere paura, di non essere tranquillo. Nel 2021, poi, la sua tomba è stata vandalizzata: la scritta "vedrè che adè non lo fai più l’tonto", con una freccia che indicava la foto di Nicola. Speriamo che adesso le nuove indagini facciano chiarezza. Siamo convinti che Nicola non sia stato ucciso per overdose. Vorremmo sapere cosa è successo quella notte e vorremmo che, se ci sono dei responsabili, paghino per la sua morte".

Cronaca

Perugia, 15 novembre 2022 - "Non ci arrenderemo mai, finché sulla morte di mio fratello non sarà fatta giustizia". Chiara è la sorella di Nicola Romano, trovato cadavere in un appartamento di via Mater Dei, a Perugia, il 17 agosto del 2013. Overdose, s’era detto. Tanto che le indagini, nell’immediatezza, erano state archiviate. Ma la famiglia non si è arresa a una verità che sembrava impossibile. Il caso è stato riaperto e ora il gip Natalia Giubilei, accogliendo l’opposizione all’archiviazione delle indagini (riaperte dopo nove anni) avanzata dalla famiglia, rimette in gioco tutto. "Si ritiene che sia necessario – si legge nell’istanza del gip – provvedere all’analisi dei reperti in sequestro - laddove non distrutti - e quindi sulla siringa, sulla quale vi erano tracce ematiche, per verificare se il sangue sia riconducibile a Romano, o vi siano imronte digitali, nonché sulla fiala e sui bicchieri rinvenuti nel lavello, per verificarne il contenuto e, laddove possibile, estrarre dna e impronte". 
Il gip chiede anche che venga ascoltato un amico di Nicola "circa i suoi (dell’amico, ndr) movimenti la sera e la notte del decesso di Romano o se era a conoscenza delle persone che potevano essere con lui". La partita dell’indagine, insomma, è quantomai aperta. "Finalmente – sottolinea Chiara –. All’inizio hanno archiviato tutto basandosi sul fatto che mio fratello aveva avuto problemi con la droga. Problemi che aveva risolto. E lo dimostra che aveva ottenuto il visto per l’Australia, dove avrebbe dovuto andare a vivere a settembre, e aveva riavuto la patente". Ma non c’è solo questo a fare credere alla famiglia che Nicola non sia morto per overdose di morfina, com’è si pensava all’inizio. La famiglia, infatti, ha affidato a due periti l’incarico di stabilire le cause del decesso del ventiseienne e i risultati aprono diversi interrogativi. "Nel corso del procedimento – ricorda ancora il giudice – sono state eseguite varie consulenze mediche, di segno opposto: da un lato il primo consulente del pm, che ha eseguito l’autopsia, concludeva per una morte dovuta da intossicazione acuta da morfina (la cui presenza potrebbe indicare un’assunzione di eroina), dall’altro i consulenti di parte ipotizzavano una morte per soffocamento, evidenziando il basso valore della morfina, tale da non determinare una intossicazione acuta, e tenuto conto dei dati estrinseci, cioè lo stato dell’appartamento, la presenza di un cuscino appena sopra la testa del giovane, la presenza di altre persone, il fatto che l’iniezione della sostanza era avvenuta nel braccio destro, cosa quasi impossibile visto che Romano era destrimane e, quindi, si sarebbe dovuto praticare l’iniezione con la mano sinistra". 
E’ Chiara , che al tempo aveva neanche vent’anni, a sottolineare anche che "Nicola aveva il braccio destro pieno di graffi e un livido sullo stesso braccio, come fosse l’impronta di una mano che voleva trattenerlo. Nel corpo di mio fratello non è stata trovata eroina, solo morfina e in quantità tale da non poterlo uccidere". Ma la famiglia sottolinea anche altri due eventi: "Nei giorni precedenti, Nicola era stato picchiato due volte: ci diceva di avere paura, di non essere tranquillo. Nel 2021, poi, la sua tomba è stata vandalizzata: la scritta "vedrè che adè non lo fai più l’tonto", con una freccia che indicava la foto di Nicola. Speriamo che adesso le nuove indagini facciano chiarezza. Siamo convinti che Nicola non sia stato ucciso per overdose. Vorremmo sapere cosa è successo quella notte e vorremmo che, se ci sono dei responsabili, paghino per la sua morte".

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