Ecstasy, morto a sedici anni in discoteca; gli sms col padre fino alle 2.30, poi il buio

Il genitore: "Voglio tutta la verità su quello che è successo"

Il ragazzo morto

Il ragazzo morto

Perugia, 21 luglio 2015 - La prima volta fuori casa «perché era andato bene a scuola», quasi si ‘giustifica’ papà Livio con chi gli sta accanto. Non nella bolgia di Riccione, ma nella tranquilla Pinarella di Cervia a casa di un amico del pallone e dei suoi genitori. «L’ho accompagnato io a Pinarella, ci siamo messaggiati fino alle 2.30 e poi ho provato a chiamarlo ma non ha risposto... ». E alla fine la voce dell’opertore del 118 e l’’imponderabile. Il corpo di Lamberto, 16 anni appena, freddo e immobile in una stanza di ospedale.

E ora Lucaccioni, farmacista di Città di Castello, ha appena la forza di parlare con l’amico avvocato Roberto Bianchi: «Prima di decidere su cosa fare voglio sapere tutto, voglio la verità...Pensaci tu». Un mandato a 360 gradi. «Perchè ci sono responsabilità generalizzate», spiega il legale. «E non mi è piaciuta la conferenza del proprietario del Cocoricò (nella foto i carabinieri davanti alla discoteca), con avvocato al seguito. Dicono di aver fatto tutto il possibile in termini di prevenzione ma non si fanno entrare le bottigliette, lo sanno anche loro a cosa servono».

«Lamberto sembrava un bambino, un ragazzo d’oro... prima di partire gli avevo detto ‘ma tu gli vuoi bene al tuo papà?’ – racconta l’avvocato Bianchi – e lui lo aveva abbracciato stretto». E la droga sembra fosse stata la prima volta, come ha detto anche T.C. il 19enne indagato per spaccio e morte come conseguenza di altro reato che ha confessato, tra le lacrime di aver ceduto 2,4 grammi a 4 ragazzini, tra cui Lucaccioni. «Ha approfittato del rapporto di amicizia tra Lamberto e il fratello minore.

E della discoteca di sabato sera papà Livio non sapeva nulla. I ragazzi avevano preso il treno per Riccione. «Si è fatto convincere», dice ancora il legale. E al padre non ha detto nulla. Fino alle 2.30 i messaggini, poi quel silenzio che lasciava presagire il peggio. Il padre che telefona e non riceve risposta al cellulare. E alla fine l’operatore del 118 prende in mano il telefonino. C’è scritto papà. Ma Lamberto non può più rispondere.

«Aiutami a conoscere quello che è successo» l’appello straziante all’avvocato. «Lo farò prima come amico che come avvocato», chiosa Bianchi.

Erika Pontini