Morta per Covid, chiesto risarcimento milionario: "Non doveva lavorare in presenza"

La donna era un’impiegata amministrativa della Scuola lingue estere dell’Esercito. "Era fragile, non avrebbe dovuto lavorare in presenza"

Il professor Stefano Giubboni, avvocato della famiglia della vittima

Il professor Stefano Giubboni, avvocato della famiglia della vittima

Perugia, 13 dicembre 2021 - Uccisa dal Covid a 58 anni, dopo diciassette giorni di ospedale, dopo essere stata intubata e aver vissuto in solitudine gli ultimi istanti della sua vita. Potrebbe essere solo una storia tragica di questa terribile pandemia, una come le altre. Ma non lo è. Cinzia Lo Voi è morta per un infortunio sul lavoro, perché sul lavoro è stata contagiata. E ora, per il suo decesso dovranno presentarsi davanti al giudice la Scuola di lingue estere dell’esercito di Perugia (quindi il Ministero della Difesa) e l’allora comandante della Slee, il generale Salvatore Carta. La famiglia chiede un milione e mezzo di risarcimento. Il nodo è che la donna, pur essendo invalida al 100% in seguito a una patologia oncologica, è stata richiamata in servizio, in presenza. Era il gennaio 2020. Sul posto di lavoro è stata contagiata dal Covid e il suo fisico, già debilitato, non ha retto: è deceduta in Rianimazione circa due settimane dopo, i primi di febbraio. 

È il professor Stefano Giubboni, l’avvocato che assiste la famiglia della vittima, a spiegare come stanno le cose: "Ho depositato il ricorso al giudice del lavoro che è competente per il risarcimento del danno, citando in giudizio la Scuola di lingue estere dell’esercito e l’allora comandante, il generale Salvatore Carta. Ci siamo riservati di proporre anche un esposto alla Procura della Repubblica di Perugia, che potrebbe avviare un’indagine anche in maniera autonoma. Se questo non accadesse, la solleciteremo noi". L’avvocato Giubboni tutela il marito della donna e i due figli, un maschio e una femmina.

La richiesta avanzata prevede il risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale e la sofferenza morale. Ma la famiglia chiede anche che venga risarcito il danno biologico patito dalla vittima, la sua agonia nell’attesa della morte. "Quando è stata intubata, a causa della polmonite bilaterale da Covid, ha capito che difficilmente ne sarebbe uscita – sottolinea ancora il professor Giubboni –. Il giudice dovrà decidere se la signora sia deceduta per colpa grave dell’amministrazione. Noi sosteniamo che siano state violate tutte le regole di protezione dei lavoratori, soprattutto quelli fragili, in vigore dall’inizio della pandemia. La Lo Voi era una malata oncologica, invalida al 100%, tutelata dalla legge 104. Non avrebbe dovuto mai lavorare in presenza, a prescindere da qualunque esigenza di servizio che, comunque, avrebbe dovuto essere irrilevante rispetto alla sua condizione". E, invece, la donna ha ricevuto una disposizione per il rientro in presenza, due giorni alla settimana. 

"A noi è stato detto che il rientro era motivato dalla necessità di smaltire gli arretrati – continua l’avvocato Giubboni –. La signora era un’impiegata amministrativa, addetta alla segreteria amministrativa della Scuola: non riusciamo a capacitarci di quali fossero le esigenze di servizio che avrebbero dovuto motivarne il rientro, soprattutto nel suo caso e con il suo ruolo. Ma sono stati richiamati tutti gli impiegati amministrativi, in piena seconda ondata. E non solo era stata riconvocata in servizio una persona fragile: quel giorno erano presenti alla Scuola tutti i dipendenti civili, quando per legge lo smart working per gli statali era obbligatorio al 50%".

Quel giorno, quando Cinzia Lo Voi ha preso il Covid. "Tutti i dipendenti della Slee sono stati contagiati. Sul fatto che si tratti di un infortunio sul lavoro non ci sono dubbi, lo ha riconosciuto l’Inps – conclude l’avvocato Stefano Giubbioni –, il marito riceve un’indennità. Questa è la nostra tesi. La sosterremo in aula, a settembre, quando è prevista l’udienza davanti al giudice".