"Mercato coperto, ora serve un piano B"

L’architetto Ciuffini riflette sulla vicenda: "Ho forti dubbi che l’immobile tornerà ad assumere un ruolo centrale in città"

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"Fossi nel sindaco Romizi, comincerei a prendere in considerazione un piano B per il Mercato coperto, mentre se fossi all’opposizione chiederei conto di questa scelta, considerato come quello che è accaduto e sta accadendo non era poi così difficile da prevedere". Ad aprire una riflessione sullo storico contenitore commerciale di piazza Matteotti è Massimo Ciuffini, architetto che è stato tra i progettisti del minimetrò e della progettazione preliminare per la ristrutturazione del Mercato coperto, per conto della Nova Oberdan. Uno insomma, che la materia la conosce bene. "All’epoca in cui mi occupai della riqualificazione di questo edificio, tra il 2002 e il 2012 – scrive nel suo blog –, gli esperti di investimenti immobiliari consultati concordavano su un punto: solo un intervento con una massa critica di almeno 10mila metri quadri di superficie di vendita avrebbe potuto fare concorrenza alla sterminata offerta commerciale localizzata nella periferia della città.

Se invece guardiamo ciò che può offrire il Mercato Coperto dopo i lavori di ristrutturazione – sostiene Ciuffini –, non credo di sbagliarmi di molto affermando che non sarà possibile "mettere a reddito" più di 3mila metri quadrati di superficie di vendita. Ho dunque dei forti dubbi che l’immobile tornerà ad assumere il ruolo che ha occupato in passato in questa città. Dal mio punto di vista, questa vicenda mette però in evidenza due gravi mancanze che riguardano le sue istituzioni. Innanzitutto – sostiene – manca una capacità d’intervento che vada oltre la realizzazione della singola opera pubblica: si fa molta fatica a cogliere una strategia complessiva che coordini i lavori pubblici con l’insieme dell’azione amministrativa della città e tutto sembra esaurirsi nel compimento del processo di realizzazione dell’opera, tra l’alto sempre in ritardo rispetto alle previsioni. Manca poi, da decenni ormai – continua – una cosa che si chiama ‘urbanistica’, cioè una visione d’insieme.

Non ha senso immaginare un rilancio del centro storico se, al contempo, crei le condizioni perché tutti gli investimenti pubblici e privati si dirigano altrove. Non ha senso prefigurare nuove soluzioni di mobilità, per esempio il minimetrò o altri servizi di mobilità alternativi all’auto, se non sono coerenti con lo sviluppo urbanistico ed edilizio del territorio. Come ho più volte detto – aggiunge Ciuffini – a partire dalla metà degli anni ’80, le giunte di sinistra si sono distinte per una gestione del territorio dissennata, ma l’esperienza del centrodestra non ha modificato i tratti salienti di questo approccio: eppure ho sperato che, dopo anni di dominio senza alcuna alternanza della sinistra, si sarebbe percepita una discontinuità. E’ però ormai evidente – conclude l’architetto – che in questo campo l’esperienza politica delle giunte Romizi non abbia portato nessuna innovazione di rilievo rispetto alla precedente stagione politica. Evidentemente essere conservatori questo significa, mantenere lo status quo, qualunque esso sia".

M.N.