Intanto l’attività è sui social. Guardando al Natale

"Ogni giorno un post ma speriamo che si possa riaprire presto"

Dal 6 novembre, la Galleria Nazionale dell’Umbria è temporananeamente chiusa, come tutti i musei d’Italia, per l’emergenza sanitaria. "Confesso che ogni volta che attraverso il pianerottolo del terzo piano e vedo serrati i due portoni in legno, quello che dà accesso alla Sala maggiore e quello che porta alla Sala Podiani, ho un sussulto", ammette il direttore Marco Pierini. E spiega come abbia riorganizzato le sua attività, puntando ancora sui social. "In questa seconda fase della pandemia, però abbiamo scelto di utilizzare i social in maniera meno continuativa, abbandonando l’ansia – che aveva investito tutti quanti da marzo a maggio – di essere sempre e comunque presenti". Le differene, insomma, ci sono. "Stavolta – dice Pierini – abbiamo messo al centro della nostra comunicazione la relazione tra la collezione e il pubblico, semplicemente pubblicando un dettaglio di una nostra opera al giorno commentato da amici del museo e da personaggi del mondo della cultura. Il commento è affidato alla voce, non alla scrittura e attraverso questo countdown che abbiamo chiamato ‘voci alla rovescia’ e che ha riscosso un successo anche superiore alle aspettative ci prepariamo ad arrivare al 3 dicembre nella speranza di poter riaprire". Il direttore non azzarda previsioni sulla possibilità di una ripresa dell’attività per i musione. "Non so davvero dire se per Natale potremo riaprire, al momento non abbiamo certezze ma sono certo che il nostro Ministero, se l’efficacia delle attuali misure consentirà di abbassare il trend di diffusione del contagio, si impegnerà per poterlo fare. I musei sono luoghi sicuri e il beneficio che offrono a chi li frequenta è plurimo. La Galleria ospita molte opere che furono commissionate in occasione di pestilenze, per esempio. E il il potere ‘salvifico’ di quelle immagini non soltanto fornisce spunti di riflessione e di analisi storica ma anche sociale e psicologica, poiché le paure dell’uomo medievale e moderno non sono dissimili da quelle che serpeggiano tra i contemporanei".