"In Umbria troppi ’lavoretti’: siamo indietro"

Sgalla (Cgil) e il fenomeno-dimissioni dal posto sicuro. "Senza redditi equi, diritti e un modello di sviluppo, resteremo fanalino di coda"

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"Se continuiamo a pensare che i ‘lavoretti’ possano essere il fattore principale dell’occupazione sbagliamo di grosso: il lavoro deve essere di qualità, con pieni diritti, redditi adeguati e giusti. Da noi purtroppo non è così e i numeri di dimissioni e abbandoni anche da parte di chi ha un posto sicuro sono la cartina di tornasole". Vincenzo Sgalla, segretario regionale della Cgil, analizza il quadro della situazione in Umbria all’indomani dell’elaborazione di Agenzia Umbria Regione.

Aur ha infatti certificato che condizioni occupazionali sempre più precarie, riduzione delle retribuzioni, deterioramento delle relazioni lavorative, fenomeni di "burn-out" ovvero stress psico-fisco fortissimo soprattutto tra le professioni sanitarie) hanno portato oltre 23mila lavoratori a lasciare il posto nel 2021 e di questi ben 13 mila aveva un contratto a tempo indeterminato.

"Empiricamente faccio fatica a pensare che ci sia un’autentica disaffezione al lavoro – spiega Sgalla –. Mi pare piuttosto ci sia da tempo una campagna ben organizzta sul Reddito di Cittadinanza e altri sussidi che orienta l’opinione pubblica: si vuol far credere, erroneamente a mio avviso, che la gente preferisca stare a casa piutto che lavorare. Ma non è così. Il nodo della questione è che, in una regione come la nostra – continua il segretario umbro della Cgil –, manca ormai quasi completamente il lavoro di qualità che significa reddi equi e giusti e che significa diritti. Ma lavoro di qualità vuol dire anche far parte di un progetto complessivo di crescita e sviluppo personale e collettiva".

"E’ però ormai evidente che il modello di sviluppo economico dell’Umbria – aggiunge – non sia affatto chiaro, non si sa quale strada abbia intrapreso e voglia intraprendere e una delle conseguenze è che c’è chi lascia anche il posto sicuro".

Ma Sgalla analizza anche il fenomeno tipico di questi ultimi tempi: di lavori ce ne sono di tutti i tipi, ma mancano le persone che vogliono farli. "La questione non si può ridurre al fatto che i giovani non sono più quelli di una volta o che in tanti preferiscono un sussidio tout-court – ribadisce Sgalla –. Noi con il nostro istituto Ires stiamo cercando di approfondire il tema, ma intanto una cosa è certa: se non si interviene adeguatamente continueremo a perdere qualità e risorse umane nella nostra regione. Nel resto del Paese i ’lavoretti’ che spesso vengono offerti ai giovani sono soltanto un fatto marginale, da noi invece – conclude – sono ancora il fattore prevalente. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti".

Michele Nucci