Detenuto in semilibertà non torna in carcere

I sindacati: "Monitorato per radicalismo islamico"

Carcere (foto di repertorio)

Carcere (foto di repertorio)

Perugia, 22 luglio 2018 - Ha fatto perdere le sue tracce un nordafricano in semilibertà presso il carcere di Perugia dove stava scontando una condanna per spaccio di droga. A denunciarlo sono i sindacati della polizia penitenziaria Osapp e Sappe secondo i quali lo straniero era monitorato "per radicalismo islamico" e aveva pendente un provvedimento di espulsione dall'Italia.

Secondo quanto appreso dall'Ansa da fonti investigative l'uomo, ora ricercato, non risulta indagato per fenomeni legati all'eversione islamica. Era stato arrestato per scontare una condanna diventata definitiva dopo essere stato accusato di spaccio nella zona della stazione di Perugia. Aveva quindi ottenuto il beneficio della semilibertà (lavorava all'esterno del carcere dove doveva tornare la sera) essendo ormai prossimo al suo fine pena.

Per il segretario generale dell'Osapp, Leo Beneduci, "non si può assistere inermi dinanzi al fenomeno delle carceri colabrodo in cui l'unica occasione certa è quella di darsi alla fuga".

"Siamo alla deriva istituzionale - aggiunge - e questo è inaccettabile, per rispetto delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria, degli operatori e di coloro che credono nella dignità dell'esecuzione penale che non può avere questi esiti beffardi".

Fabrizio Bonino, segretario per l'Umbria del Sappe, chiede di fare "chiarezza sulla vicenda in sé, sulla mancata espulsione dell'Italia e sul fatto che un detenuto monitorato per radicalismo islamico fruisca di benefici penitenziari che gli consentono di uscire dal carcere".

Donato Capece, segretario generale dello stesso sindacato sottolinea che "nel 2017 si sono verificate, nelle carceri italiane, 18 evasioni da istituti penitenziari, 36 evasioni da permessi premio, 17 da lavoro all'esterno, 23 da semilibertà e 33 mancati rientri di internati". "Dati minimi - aggiunge -, rispetto ai beneficiari. Questo non deve però inficiare l'istituto della concessione delle ammissioni al lavoro all'esterno o dei permessi ai detenuti".