Esplosione nel laboratorio a Gubbio A ottobre cinque davanti al giudice

Fissata l’udienza preliminare per l’incendio che costò la vita a Samuel Cuffaro ed Elisabetta D’Innocenti. La Procura ha chiesto il processo per gestori e responsabili dell’azienda e per il proprietario dello stabile

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In cinque si presenteranno davanti al giudice il prossimo 20 ottobre per l’udienza preliminare. Il gip di Perugia, Angela Avila, dovrà decidere sul rinvio a giudizio di quattro responsabili e gestori dell’attività del laboratorio di Canne Greche a Gubbio, in fiamme il 7 maggio del 2021. Nell’incendio morirono due persone: il diciannovenne Samuel Cuffaro ed Elisabetta D’Innocenti, 52 anni. La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio anche di uno dei proprietari dello stabile dove veniva trattata la cannabis. Nelle accuse contestate nella richiesta di rinvio a giudizio firmata dal pubblico ministero Gemma Miliani è configurato il dolo, non la colpa, come ipotizzato in un primo momento: dovranno rispondere di omicidio doloso, lesioni dolose, omissione dolosa di cautele per la prevenzionie degli infortuni sul lavoro, incendio doloso. Contestate anche la detenzione e la cessione di cannabis . Il gip ha notificato ieri ai cinque indagati e alle parti offese il decreto di fissazione dell’udienza.

Secondo la Procura, fu l’utilizzo di un solvente "altamente infiammabile" come il pentano a innescare prima l’incendio e poi l’esplosione che costarono la vita a Samuel Cuffaro ed Elisabetta D’Innocenti. Anche altri due dipenti rimasero feriti nel rogo. Secondo la Procura, Elisabetta è morta "a causa dell’azione diretta dell’esplosione che l’ha violentemente investita, trovandosi nella stanza dove è originata", mentre Samuel è deceduto "a causa dell’intossicazione da monossido di carbonio, essendo rimasto tra le macerie nell’attesa dell’arrivo dei socorritori".

La Procura ha ricostruito l’attività relativa all’azienda che produceva cannabis light. L’opificio era riconducibile a due società che si occupavano di "coltivazione di specie, piante aromatiche e farmaceutiche" e di "commercio all’ingrosso di fiori e piante", di cui tre degli indagati erano legali rappresentanti e gestori, mentre un quarto è ritenuto essere socio occulto e gestore di fatto, tuttilegati da parentele e frequentazioni assidue. Da subito, gli inquirenti hanno ritenuto che l’incendio potesse essersi verificato in seguito alla tecnica di abbattimento di Thc della cannabis. Una tecnica "inventata" da uno dei soci dell’attività, "soggetto privo di ogni specifica competenza scientifica e di qualsiasi esperienza tecnica", scrive la Procura. Gli accertamenti avevano fatto emergenre la presenza di un laboratorio (al primo piano dello stabile) con delle "macchine lavatrici ad ultrasuoni" che venivano riempite con 20 litri di pentano per poi metterci a bagno "i fiori di canapa, così una parte del Thc veniva degradata e un’altra parte assorbita dal solvente". Questo procedimento consentiva di “abbattere“ il principio attivo sotto allo 0,6% e, quindi, la cannabis poteva essere qualificata come “light“. Come detto, gli inquirenti ritengono che l’esplosione sia riconducibile all’incendio delle sostanze infiammabili presenti nel laboratorio: proprio la mattina del rogo era arrivato in azienda un carico di pentano che, sempre secondo l’accusa, sarebbe stato stoccato in maniera non corretta. I cinque indagati sono difesi dagli avvocati Luca Maori, Monica Bisio, Gervasio Paolo Cicoria e Donato Bugno.

Luca Fiorucci

Annalisa Angelici