"Paralizzata a causa dei farmaci": famiglia chiede un milione di euro

La denuncia per un presunto caso di malasanità

Il corridoio di un ospedale (foto di repertorio Ansa)

Il corridoio di un ospedale (foto di repertorio Ansa)

Orvieto, 17 febbraio 2019 - Un'odissea sanitaria al termine della quale una donna di 75 anni si è ritrovata paralizzata, sulla sedia a rotelle e senza più l’uso della parola. E’ un presunto, grave caso di malasanità quello finito all’attenzione della magistratura che ha avviato un’inchiesta per fare chiarezza sui trattamenti farmacologici a cui venne sottoposta la paziente, subito dopo essere stata dimessa dall’azienda ospedaliera di Siena per la sostituzione della valvola aortica. Adesso è in corso anche una battaglia legale sul fronte penale e civile con una richiesta di risarcimento per un milione di euro da parte dei familiari.

La donna era stata dimessa e sottoposta ad una terapia domiciliare con l’assistenza del Reparto di cardiologia dell’ospedale di Orvieto. La terapia consisteva nella somministrazione del Cumadin, un farmaco anticoagulante. Questa cura si era però rivelata inadatta, tanto il valore che misura lo stato di coagulazione si era macroscopicamente innalzato piuttosto che ridursi. Tutto ciò avveniva nella primavera del 2012. A quel punto, i medici decisero di cambiare farmaco e somministrarle il Konakion su suggerimento del cardiologo. Per i giorni successivi non le venne data alcuna prescrizione e poi venne reintrodotto il Cumadin. A distanza di tre ore dall’assunzione della pasticca, la paziente rimase improvvisamente vittima di un ictus cerebrale ischemico che le ha provocato un’estesa paralisi.

«Mia madre – afferma il figlio – era stata portata in ospedale alle 20 e 30, ma è stata accettata formalmente alle 22 ed è stata sottoposta ad un primo trattamento farmacologico solo intorno a mezzanotte». Nei giorni seguenti le sue condizioni peggiorarono sensibilmente e venne trasferita al reparto di Terapia intensiva dell’ospedale di Terni per la ventilazione forzata. Dopo un periodo trascorso al Centro di riabilitazione intensiva di Passignano, è iniziata una dura fase di difficile riabilitazione durate la quale è stata alimentata solo attraverso un sondino nasogastrico. Adesso la povera donna non può più camminare, nè parlare e deve essere assistita.

La famiglia ha presentato un esposto evidenziando «l’incongrua metodologia di trattamento domiciliare e la prescrizione di una dose massiccia di farmaci contrariamente ai protocolli previsti oltre alla colposa omissione dei dovuti controlli da parte dei sanitari». Negli attivi viene tirato in ballo il cardiologo «che non avrebbe dato alcuna prescrizione nonostante l’altissima dose di farmaco somministrata».

C.L.