Debiti ai prestanome per salvare i patrimoni Blitz della Finanza: indagato commercialista

Raffica di perquisizioni nei confronti di imprenditori umbri. Secondo la procura il professionista aveva creato una rete per far evadere le imposte alle società. Nei guai anche il patron delle Fonderie, Alvano Bacchi, già accusato di corruzione

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di Erika Pontini

Un’associazione a delinquere che in Umbria, negli ultimi cinque anni, avrebbe messo in piedi un ‘consolidato sistema’ per sottrarre gli imprenditori al pagamento delle imposte, preservando i patrimoni attraverso la cessione a prestanome di quote in società indebitate fino al collo che poi venivano sciolte e cancellate dal registro delle imprese e diventavano ’immuni’. Il tutto con la regia - secondo la procura di Perugia - di un commercialista umbro, Giuseppe Burani (con interessi in Altotevere), che, di volta in volta e in modo ‘seriale’ – secondo gli inquirenti – , avrebbe messo a disposizione degli imprenditori-sodali la sua struttura professionale per fronteggiare le questioni amministrative e contabili e una sede a Roma che gli inquirenti ritengono fittizia con una sola casella di mail box.

E’ scattata ieri mattina all’alba l’operazione della guardia di finanza di Perugia - coordinata dal pubblico ministero Mario Formisano - che coinvolge, tra gli altri, gli stessi imprenditori finiti nei guai nell’ambito dell’indagine per corruzione sul finanziere Savino Strippoli, scarcerato lunedì dal gip che ha applicato nei suoi confronti l’interdittiva dal lavoro. Durissime le ipotesi d’accusa emerse dalle indagini del Nucleo di polizia tributaria della Finanza diretto dal colonnello Antonella Casazza e dal tenente colonnello Alessandro Carrozzo: secondo l’attuale ricostruzione in undici si sarebbero accordati e riuniti in un’associazione al fine di commettere una serie di delitti di frode fiscale, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, bancarotta e fatturazioni per operazioni inesistenti.

Oltre a Burani la procura di Perugia (diretta da Raffaele Cantone) ipotizza che della cricca abbiano fatto parte Alvano Bacchi, il patron delle Fonderie Tacconi, Paola Becchetti, Alberto e Giovanni Buini, Giuseppe Gallotta, Angelo Marinelli, Valeriano Pascucci, Giacomo Piandani, Giovanni Sandomenico e Paolo Spadoni.

In particolare gli investigatori ritengono che Burani si sia serviti anche di personaggi della famiglia per intestrare le quote societarie, accumulare poi debiti consistenti nei confronti dell’Erario, ’switcciare’ poi le quote a prestanome con decine di ruoli in altre società analoghe e poi metterle in liquidazione. Tra le presunte teste di legno anche persone attualmente in carcere e conosciute dalla stessa procura perugina per reati analoghi. Peraltro la cancellazione dal registro delle imprese avrebbe reso difficoltoso, a distanza di un anno, l’eventuale richiesta di fallimento dei creditori o dello stesso Erario. Una sorta di ’immunità’ dettata dal tempo trascorso.

C’è un altro aspetto su cui sono in corso accertamenti da parte delle Fiamme gialle e riguarda le cessioni immobiliari e l’ipotesi che alcuni imprenditori coinvolti abbiano emesso fatture per operazioni finte anche in relazione al distacco di personale da una società all’altra. Un escamotage per permettere alle società-clienti – sempre secondo l’ipotesi avanzata dagli inquirenti – di detrarre il costo del personale. Sotto la lente di ingrandimento della Finanza sono finite così i clienti che hanno fatturato soprattutto alla Manwork, ovvero la 3M di Bacchi (quasi un milione di euro), la Original Motor di Sandomenico (179mila euro) e un’altra società per qualcosa come 500mila euro. "Nel corso degli accertamenti - è scritto nel Decreto di perquisizione e sequestro – è emerso un consolidato sistema associativo in grado di porre in essere nel tempo numerose condotte illecite mediante le quali è stato consentito ai vari soggetti economici coinvolti di sottrarsi, fraudolentemente, al pagamento delle imposte preservando la propria integrità patrimoniale".

"I miei assistiti sono sereni e dimostreranno l’estraneità ai fatti contestati", dice a caldo l’avvocato Stefano Bagianti che assiste Burani e Piandani.