Csm spaccato ma Cantone sarà procuratore

L’ex presidente dell’Anac ottiene 12 voti (i laici e Area). Masini appoggiato da Davigo. Di Matteo: "Nomina inopportuna"

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All’esito di una mattinata incandescente, consumata nel tempio delle toghe su cui soffia ancora aria di tempesta, in dodici pigeranno il tasto sinistro, quello verde. Per dare il voto a Raffaele Cantone come procuratore capo della Repubblica di Perugia. Il Csm si è spaccato ma l’ex presidente di Anac alla fine ce l’ha fatta e l’ufficio giudiziario più in vista d’Italia per la propria competenza a indagare sui magistrati romani avrà un personaggio di primo piano a capo dell’ufficio.

Già pubblico ministero della Dda di Napoli all’epoca della lotta ai Casalesi, poi al Massimario della Cassazione e infine primo presidente della neonata authority sugli appalti voluta dall’allora governo guidato da Matteo Renzi, fino a novembre 2019, quando decide di lasciare l’Anac e rientrare nei ranghi della magistratura. Di Cantone si è parlato anche come possibile premier, prima del ‘Conte-bis’. "Manca solo il Soglio Pontificio", hanno ironizzato ieri al Csm. Ed è proprio quella "interferenza politica" di cui ha timore il consigliere del Csm, Nino Di Matteo che sosteneva il rivale, Luca Masini, procuratore aggiunto a Salerno, come pure tutta la corrente di Autonomia & indipendenza, capeggiata da Piercamillo Davigo secondo cui Masini aveva più titoli. Più esperienza requirente e più variegata. Oltre al nodo-politico che ovviamente diventa il tema della discussione al plenum. Anche Magistratura indipendente converge su Masini. Non basta.

Cantone raccoglie la preferenza dei laici: dai Cinquestelle alla Lega e poi i consiglieri di Area. Unicost si astiene: spingeva su Alessandro Cannevale, procuratore di Spoleto. "Escluso per ragioni formali", spiega il consigliere Marco Mancinetti nelle dichiarazioni di voto, secondo il quale sul nome umbro si potevano trovare un accordo e andare compatti all’appuntamento del plenum.

Ma alla votazione di ieri, che arriva a un anno quasi esatto dalla bufera-Palamara, si è giunti proprio grazieo a causa, del procedimento in corso da parte dei pm Gemma Miliani e Mario Formisano, finiti nell’occhio del ciclone per un’indagine che, al di là delle contestazioni di corruzione per Palamara, hanno scoperchiato il pentolone delle alleanze e delle nomine pilotate attraverso le intercettazioni del Trojan e le chat, ora depositate sia agli atti del procedimento penale, che agli organi dell’azione disciplinare.

Prima dello scandalo di maggio erano in venti ad avere fatto domanda come procuratore. Pure Cantone a cui l’ex numero uno dell’Anm era ostile. "Un frate, da evitare assolutamente".

Tra i favoriti invece c’era pure quel Giuseppe Borrelli, Aggiunto a Napoli, finito nelle intercettazioni a causa delle parole di Cesare Sirignano che aveva parlato a Palamara di un magistrato affidabile come procuratore a Perugia. E, in quei giorni, Palamara era parecchio interessato all’ufficio di via Fiorenzo Di Lorenzo (oltre che a Roma dove aveva fatto domanda per diventare Aggiunto) sia per l’indagine a suo carico, da poco scoperta, sia per coltivare l’esposto di Stefano Fava. Una battaglia personale in cui le nomine erano fondamentali.

Borrelli registrerà Sirignano - e depositerà l’audio proprio alla procura di Perugia - per provare la sua estraneità agli intrighi (“Mi hai inguaiato. In questa vicenda io ho fatto solo la domanda per Perugia”) e diventerà procuratore a Salerno. Tra gli umbri che ambivano alla poltrona di procuratore, oltre a Cannevale, c’erano poi Giovanni Rossi, procuratore per i Minori e Paolo Micheli, attualmente in Cassazione. Ma lo scandalo blocca il Csm e azzera nomine e commissioni.

Si arriva ad aprile con due nomi forti: Cantone e Masini. Sull’ex presidente di Anac pesa il ruolo prestigioso, la prevenzione alla corruzione in materia di appalti, sull’Aggiunto di Salerno la specificità di requirente per 27 anni attraverso le procure di Termini Imerese, Brescia, Lecco, Livorno e poi Salerno. Un curriculum di primo piano secondo Piercamillo Davigo che lo sostiene.

E’ un duello che si consuma a Palazzo dei Marescialli, senza esclusione di colpi.

Alla fine vince quel ruolo da “gigante” di cui parla anche un avvocato forzista come Lanzi.