Covid Umbria, in un giorno 2mila positivi. Farmacie, tornano le file

Ben cinquemila i test antigenici nelle strutture private, con il 46% di infezioni. I ricoveri salgono intanto a 220 e diciassette mila umbri sono in isolamento

Perugia, 6 luglio 2022 - Ancora non si ferma la crescita dei ricoverati Covid negli ospedali dell’Umbria, che sono saliti a 220 secondo i dati aggiornati a ieri mattina alle 8, risultando così nove in più rispetto a lunedì e un tasso di occupazione del 30 per cento. Salgono anche i posti occupati nelle rianimazioni, ora sette, più uno, sempre secondo i dati aggiornati della Regione. Due dei ricoverati in più sono nei reparti ordinari sono in area medica Covid e sei nelle altre aree di degenza.

Nell’ultimo giorno sono emersi 2.024 nuovi positivi (che è il numero massimo raggiunto in questa settima ondata) e 1.267 guariti. Non essendosi registrati altri morti per il virus gli attualmente positivi salgono a 17.148, 757 in più di ieri. Comincia a salire in modo importante anche il numero dei test: nell’ultimo giorno infatti sono stati analizzati 6.643 tra tamponi molecolari e antigenici, per un tasso di positività del 30,4 per cento (era 27,5 lo stesso giorno della scorsa settimana).

E ricominciano contemporaneamente le file nelle farmacie per i tamponi: di quei 6mila e oltre tamponi infatti, 5.027 sono stati fatti nelle farmacie private dell’Umbria, con un tasso di positività addirittura del 46 per cento (2.358 infezioni). Tamponi che sono raddoppiati nel giorno di 5 giorni, daro che fra il 27 e il 30 giugno se ne facevano fra i 2.500 e 3mila.

Nel frattempo continua la polemica sulle Usca. "Il piano di superamento delle Unità speciali di conintuità assistenziale messo in atto dalla Giunta regionale non si regge e si sta rivelando un vero e proprio fallimento, mentre i contagi aumentano e le visite e i tamponi a domicilio sono ormai una chimera" dice Fabio Paparelli, consigliere regionale del Pd e portavoce della minoranza in Assemblea legislativa.

"La Giunta regionale proceda, seppur in ritardo, con immediatezza alla proroga al 31 dicembre delle attuali Usca, alle stesse condizioni economiche e normative, come fatto da altre Regioni, prima che sia troppo tardi. La scelta di non prorogarle - aggiunge - sta avendo già oggi, come diretta conseguenza, il fatto che il sistema sanitario regionale non è più in grado di poter assicurare l’assistenza domiciliare dei pazienti affetti da Covid". "La verità è che a fronte dello smantellamento delle Usca – conclude Paparelli –, i medici in uscita stanno sistematicamente rifiutando i contratti che vengono loro proposti in alternativa".