A Perugia il vecchio Covid è sparito. Tracce di varianti nelle acque reflue

Nel capoluogo il contagio ‘brasiliano’ e ‘inglese’ si è diffuso al 95% dei soggetti che risultano positivi Diversa la situazione a Terni dove resiste il virus di marzo 2020 ma soltanto per la metà degli infettati

L’analisi delle acque reflue ha rivelato la presenza delle due varianti del virus

L’analisi delle acque reflue ha rivelato la presenza delle due varianti del virus

Perugia, 26 febbraio 2021 - In alcune aree dell’Umbria, come nel perugino, "circolano ormai solo le due varianti", inglese e brasiliana, mentre su Terni c’è ancora la prevalenza di quella "di marzo 2020" anche se pure in questa area "stanno via via prevalendo sempre più le altre due". La fotografia del Covid in Umbria è in queste poche parole di Marco Cristofori, del Nucleo epidemiologico regionale. La seconda parte di analisi eseguite dall’Istituto superiore di sanità sui campioni positivi inviati dai vari laboratori regionali ha fatto emergere che su 176 campioni sequenziati relativi al 10 febbraio, in 95 c’è la variante brasiliana, quella inglese su 52. negli altri 29 sono presenti microvarianti . Nel laboratori della provincia di Perugia sono stati 69 i campioni ‘brasiliani’, 23 quelli di quella inglese. Poi c’è la fotografia delle città: nel laboratorio dell’Azienda ospedaliera di Perugia sono stati riscontrati campioni di variante brasiliana nel 71% dei casi mentre il 24% di quella inglese. A Terni 25% di test hanno dato esito positivo con la brasiliana, il 21% quella inglese (46% di varianti presenti quindi). Foligno e Spoleto: 43% variante brasiliana, 57% inglese. Città di Castello: 34% brasiliana, 39% quella del Regno Unito. In Umbria quindi il 54% dei positivi ha contratto la variante brasiliana, il 30% l’ inglese Ma ora gli esperti hanno scoperto un’altra cosa che conferma la presenza della varianti al Covid nella nostra regione: mutazioni tipiche delle varianti brasiliana e inglese del virus Sars-CoV2 sono presenti nelle acque reflue raccolte a Perugia dal 5 all’8 febbraio. Quello è infatti il periodo dove si sono accesi alcuni focolai all’ospedale del capoluogo. Le varianti sono state individuate da uno studio condotto dall’Istituto superiore di Sanità (Iss), in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico della Puglia e della Basilicata, con mutazioni tipiche della variante spagnola in campioni raccolti da impianti di depurazione anche a Guardiagrele, in Abruzzo dal 21 al 26 gennaio. I ricercatori dell’Iss hanno spiegato che "per consentire uno screening rapido, pratico e semplice delle varianti circolanti nella popolazione italiana è stato sviluppato un metodo che prevede l’amplificazione e il sequenziamento di una parte del gene S contenente specifiche mutazioni in grado di caratterizzarle. Il metodo, testato inizialmente su campioni clinici (tamponi naso-faringei), è stato successivamente applicato all’analisi delle acque di scarico raccolte in fognatura prima dei trattamenti di depurazione. L’esame di questa matrice ha individuato, per la prima volta in campioni ambientali, la presenza di mutazioni caratteristiche delle varianti UK e brasiliana in alcune aree del nostro Paese dove la circolazion e era stata accertata in campioni clinici di pazienti CoViD-19". M.N.