"Varianti brasiliana e inglese in tutta l’Umbria. Per contenerle servono misure drastiche"

La professoressa Antonella Mencacci rompe il silenzio. "Ecco come mi sono accorta e come si sta diffondendo il virus mutato"

La professoressa Antonella Mencacci con la sua squadra di Microbologia

La professoressa Antonella Mencacci con la sua squadra di Microbologia

Perugia, 7 febbraio 2021 - «In Umbria, sul territorio ci sono entrambe le varianti inglese e brasiliana che probabilmente circolano da tempo. Ed è una situazione più grave di quanto noi vediamo: se individuo 10 pazienti con la brasiliana significa che ce ne potrebbero essere 100. L’unico modo per contenere questa situazione sono misure rigorose e drastiche. Al microbiologo la parola lockdown non fa paura, anzi in questa fase tranquillizza. Ho sempre detto che dovremmo comportarci come se fossimo tutti positivi".

La professoressa Antonella Mencacci è la direttrice del Laboratorio di Microbiologia del Santa Maria della Misericordia che ha analizzato i primi campioni -, poi sequenziati a Roma perché l’Umbria non è dotata delle strumentazioni, - partendo da tre elementi preoccupanti: le probabili reinfezioni, l’aumento della diffusione del contagio sul territorio, l’anomalia dei cluster avvenuti nei reparti no-Covid del Santa Maria "nonostante si stessero adottando le stesse misure di sicurezza di prima che fino ad ora ci avevano preservato. Da marzo in ospedale non avevamo avuto un focolaio".

Quindi tra la gente non c’è solo la variante inglese? "No, il fatto che sul territorio abbiamo individuato al momento solo quella inglese - tranne che in un caso - non vuol dire che non c’è la brasiliana. Anzi. In ospedale la mutazione è entrata ovviamente dall’esterno. Semplicemente ho mandato ai laboratori dell’Istituto superiore di sanità per il sequenziamento provette dei testing territoriali in cui non si vedeva il gene S, caratteristica tipica della variante inglese, e sulle quali quindi già nutrivo forti sospetti". Quando si è accorta la prima volta delle mutazioni? "Il ministero aveva avviato una campagna di screening: ogni regione doveva selezionare 10 campioni. A noi toccava dicembre e a gennaio abbiamo mandato le provette. Proprio in quei giorni, l’8 gennaio, abbiamo identificato due pazienti positivi in un reparto bianco (l’89enne poi deceduto e il 78enne ndr.), una novità assoluta per noi. La collega di Microbiologia Barbara Camilloni ha quindi deciso di inserire anche quei campioni per vederci chiaro". E così avete scoperto la brasiliana dentro il Santa Maria? "Esatto. Poi, all’inizio di gennaio, non riuscivamo a capire il perché di alcuni focolai in reparti ‘bianchi’. Alla luce della evidenza di una variante ad elevata contagiosità, è verosimile che le misure che funzionavano prima possono non essere più sufficienti". E quell’unico caso di ‘brasiliana’ sul territorio? "E’ stato una sorta di ‘errore’. Ovvero ho mandato quel campione, tra quelli selezionati per scoprire la variante inglese, pensando fosse un campione senza gene S. Sequenziando il campione, a Roma, la dottoressa Stefanelli (che è stata di grande supporto tecnico ed anche psicologico), ha visto che si trattava di variante brasiliana, e ha ripetuto l’analisi, che ha evidenziato invece il gene “S”. Un caso quindi… "Sì, ma che dimostra che sul territorio ci sono entrambe le varianti". E avete scoperto anche come è entrata in ospedale… "In un caso un caregiver. In ospedale tutti quelli che entrano come ricovero programmato o urgenza vengono sottoposti al tampone molecolare. Anche le assistenze. Una di queste è diventata positiva ed ha contagiato il suo assistito. In un altro caso, il paziente, negativo all’ingresso, incubava il virus e ci siamo accorti al momento della dimissione che era positivo facendo il tampone di uscita. In altri casi operatori sanitari, che vengono sorvegliati una volta settimana (ora due volte) si sono infettati nel territorio e probabilmente hanno introdotto il virus. Non si tratta di un caso indice che ha generato tutti i focolai". E gli altri campioni? "Quando abbiamo visto che si accendevano più focolai abbiamo chiesto a Roma di fare presto e raccolto altri campioni per individuare le varianti. Il risultato sono 18 casi inglese, 12 di brasiliana e 8 dasequenziare". Non è stato trovato il caso 0 "A differenza che a Varese e in Abruzzo nel nostro caso non c’è il link epidemiologico, nessuno apparentemente viene dal Brasile. Ormai si è perso: e significa che circola tra di noi". Dentro l’ospedale non avete evidenze di variante inglese? "Al momento no, ma di solito colpisce di più i giovani che solitamente non hanno forme gravi da essere ricoverati o, in generale, non hanno motivo di essere ricoverati in reparti bianchi. Viceversa questa brasiliana ha colpito persone finite in ospedale e, una volta entrata, è più diffusibile. Questo è il problema". Blindare l’ospedale? "Certo se nei reparti bianchi ci fossero una stanza per ogni paziente e non ci fosse bisogno di un’assistenza perché ci pensa il servizio sanitario. Ma non è così. L’anziano ne ha bisogno. Adesso occorre ridurre gli accessi a quelli indispensabili, ampliare gli spazi, fare meno ricoveri ordinari, chiudere il bar. Cercheremo di fare tragitti separati più possibile fino a quando bloccheremo la diffusione". Cluster provocati dalla maggiore contagiosità? "Le varianti ci fanno paura perché sono più trasmissibili. La brasiliana può dare delle reinfezioni ma non si sa se da infezioni più gravi del virus selvaggio". Avete avuto questi casi? "Tra i campioni che abbiamo mandato ce ne erano due, pazienti infettati prima e poi guariti e uno di questi sta addirittura in Rianimazione. Si tratta di una famiglia infettata a novembre e adesso si sono reinfettati e guarda caso è la variante brasiliana. Sembra che dia un’immunità debole che non è in grado di proteggere il paziente dalla seconda infezione. Adesso le vediamo. Ne abbiamo avute altre che manderemo all’Iss". Cosa cambia adesso con le varianti? "Dobbiamo potenziare le misure di contenimento. Con la zona arancione e piccole zone rosse, è il mio giudizio di microbiologa, supportato dalla letteratura e condiviso da colleghi, noi non conteniamo il fenomeno, se è ancora possibile contenerlo, e facciamo un danno all’Umbria e non solo".