Covid in Umbria, il caso dell'indice di contagio. "Sbagliato includere gli asintomatici"

Parla il professor Fabrizio Stracci, direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, a capo del Comitato scientifico, istituito dalla Regione

L'epidemiologo Fabrizio Stracci

L'epidemiologo Fabrizio Stracci

Perugia, 18 maggio 2020 - Errori sia nella trasmissione dei dati dall’Umbria all’Istituto superiore di sanità, che nella modalità di conteggio dei positivi, includendo anche gli asintomatici, frutto di screening, ovvero di un controllo attivo ’virtuoso’, messo in campo dalla Regione per scovare i malati invisibili ed evitare la trasmissione del contagio. Ovvero i controlli negli accessi agli ospedali o, addirittura le ricerche nelle aziende. Come accade nel colosso del cachemire, Cucinelli, grazie all’accordo con l’Università. Ecco che cosa avrebbe fatto schizzare l’Rt, ovvero l’indice di contagio (che stima, partendo dai casi positivi, quelli secondari a distanza di un intervello di tempo, seriale), sopra la soglia di allerta a 1,23 mettendo Umbria e Molise al pari di regioni come la Lombardia. La politica  grida allo scandalo, gli scienziati umbri insorgono.

«E’ il grande limite degli indicatori, l’incertezza della stima è tale che non si può affermare che è sopra a 1 e far scattare l’allarme», spiega il professor Fabrizio Stracci, direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, a capo del Comitato scientifico, istituito dalla Regione. «Credo ci sia stato anche un problema di comunicazione perché non vanno inclusi gli asintomatici emersi grazie agli screening».

Ma cos’è l’indice Rt, e come si calcola? «E’ una stima perché ovviamente non posso sapere chi ha infettato chi, in maniera precisa. Dato un positivo vado a individuare i casi secondari, dopo un intervallo di tempo (cioè i nuovi contagi). E’ un’approssimazione rozza: faccio la media e trovo l’Rt».

Per farlo si applicano alcuni modelli matematici. E anche l’Umbria, ogni giorno, tiene sotto controllo i numeri... «Nel nostro modello l’Rt è pari a 0,44, anche nel periodo (4-11 maggio, ndr) in cui a loro ha dato come risultato 1,23. Il nostro modello però si adatta meglio ai casi concreti».

Ma allora cos’è successo? «Mi preoccupa un modello quando è stimato su casi piccoli, ovvero su una regione come la nostra. Invece un Rt incerto a tutta la Lombardia o il Veneto, con casi attivi elevati sarebbe un problema. In Umbria non può avere lo stesso impatto. Ma intanto bisogna vedere cos’è stato messo nel programma...».

Cioè gli asintomatici... «Non devono essere inseriti perché sono il frutto di una ricerca attiva». 

Cioè i controlli negli ospedali e nelle aziende... «L’altro giorno a Gubbio una donna si è ricoverata per una patologia differente, ed è risultata un Covid+, l’ospedalizzazione non era dovuta al virus e non deve essere inserita per la valutazione dell’indice. Dispiace perché è come se non ci fosse stato questo grande sforzo nello scovare gli asintomatici. Anzi, come se non dovessimo cercarli perché altrimenti sale l’indicatore». 

 Eri.P.