Coronavirus, clienti in fuga dai ristoranti cinesi

Crollano le presenze a Perugia: "Rischiamo di chiudere". E la criisi colpisce anche la cucina giapponese

La cucina di un ristorante cinese: è un momento difficile gli esercizi orientali

La cucina di un ristorante cinese: è un momento difficile gli esercizi orientali

Perugia, 24 febbraio 2020 - «I nostri clienti sono calati del 60%. Se continua così, fra due settimana saremo costretti a chiudere". Erik, 33 anni, cinese, è socio del ristorante di sushi "Dinastia", aperto da tre anni in via dei Priori, nel centro di Perugia. Nella sua attività il crollo di presenze è partito un mese fa, appena iniziata l’emergenza internazionale, e non si è mai fermato. "Ho già dovuto mandare a casa diversi dipendenti – racconta -, ora abbiamo solo tre camerieri. È veramente difficile". Fra gli effetti della diffusione del coronavirus c’è la fuga dai locali gestiti da cinesi, e questo nonostante le rassicurazioni della scienza sulla loro sicurezza. Alcuni, come "Tokyo" o "Sushi Dao", sostengono di non aver avuto un calo, ma la maggior parte lamenta una consistente perdita di avventori.

Nel ristorante cinese "Il Bambù", a Ponte San Giovanni, l’afflusso è sceso del 60% e in questi ultimi giorni sta diminuendo ancora. "Non entra più un italiano – dice la titolare -, e noi lavoriamo soprattutto con loro. Non so come faremo". Problemi anche per il locale "Grande Shangai", nei pressi dell’Università per Stranieri, fra i primi locali orientali della città. La proprietaria ci accoglie con un sorriso scoraggiato: "Guardate voi stessi, tutto vuoto. Qualche connazionale cinese viene ancora, ma solo per la pausa pranzo. La sera è un deserto".

Meno gente pure per "Wang", corso Garibaldi, specializzato nei tipici noodles e nel cibo d’asporto. "L’effetto è stato immediato – spiega un dipendente -. Appena sono arrivate le prime notizie abbiamo perso clientela". I locali di sushi sono quelli che soffrono di più. Sebbene sia una pietanza giapponese, infatti, il pesce crudo col riso è spesso preparato da cinesi. Negli ultimi anni, le attività hanno conosciuto un’autentica esplosione, con continue aperture sia nella versione gourmet che "all you can eat", la formula che consente di ordinare a volontà.

La psicosi rischia di mettere in ginocchio un settore in grande espansione, e il crescendo di contagi italiani non può che peggiorare la situazione. I disagi non risparmiano nemmeno i molti "sushi d’élite" gestiti da italiani. Alcuni di loro, come "Crudo", in Corso Vannucci, lamentano effetti negativi nonostante l’estraneità assoluta al Dragone. "Se dicessi che non abbiamo perso clienti direi una bugia – confida il titolare -. La paura è legittima ma associarci al virus è veramente esagerato, anche perché usiamo solo prodotti del Mediterraneo e abbiamo personale italiano".

«Deba Sushi» è un altro locale raffinato del centro di Perugia. Alice Fiorentini, la responsabile, racconta di aver ricevuto molte telefonate di persone preoccupate. Così ha deciso di rassicurare i clienti con un post su Facebook: "La nostra – si legge – è una cucina giapponese e italiana, non cinese. Nessun membro dello staff ha recentemente viaggiato. Tutte le materie prime utilizzate nel nostro locale sono certificate. Serviamo pesce proveniente da Norvegia, Spagna e Italia e tutto ciò che abbiamo che non riguardi il pesce, ci viene fornito da un’azienda italiana . Garantiamo – conclude il post – per la solita sicurezza delle nostre pietanze e la stessa sanità dell’ambiente".  

Giovanni Landi