Cassa Covid non dovuta, indagati tre manager della Treofan

Truffa aggravata ai danni dello Stato è l'accusa. Indagine di Procura e Finanza sulla sorte del sito ternano: "C'è sempre stata la volontà di chiudere lo stabilimento"

Un corteo dei lavoratori di Treofan Terni

Un corteo dei lavoratori di Treofan Terni

Terni, 3 marzo 2021. Bufera giudiziaria sulla Treofan, ad una settimana dall'accordo che ha sancito di fatto la chiusura del sito ternano. Truffa aggravata ai danni dello Stato per indebito ricorso alla cassa integrazione Covid nel periodo tra il 10 agosto e il 10 ottobre scorsi: è l'accusa che Procura e Guardia di Finanza di Terni contestano ai vertici di Treofan Italy srl, la società specializzata nella produzione di film in polipropilene con stabilimento nel polo chimico ternano, messo in liquidazione dalla proprietà Jindal, multinazionale indiana. Indagati due alti manager di Treofan Germany, che controlla Treofan Italy e quindi il polo ternano, e il rappresentante legale della società nel periodo in esame. Firmato dal gip il decreto di sequestro preventivo per equivalente, nei conti correnti dell'azienda, pari a circa 15.400 euro, ossia quanto usufruito con lo strumento della cassa Covid.

Secondo il procuratore Alberto Liguori, il colonnello Livio Petralia e il maggiore Andrea Longo la società ha fornito “una falsa rappresentazione della realtà aziendale”, in cui la paventata crisi economica dovuta agli effetti della pandemia sarebbe invece da ricondurre alla “espressa volontà del gruppo indiano di chiudere lo stabilimento ternano già a far data dalla sua acquisizione, avvenuta nel 2018”. Nell'indagine, che è solo gli inizi precisano gli inquirenti, è finito anche il massiccio spostamento di materie prime dal magazzino di Terni per altri lidi del gruppo; un trasferimento di beni stimato in 11 milioni di euro. Solo una settimana era stato raggiunto il faticoso accordo sulla dismissione di Treofan Terni e sulla sorte di circa 140 lavoratori: cassa integrazione straordinaria per un anno, sette mensilità nette di buonuscita, reindustrializzazione del sito ma per produzioni non in concorrenza con Jindal e relativo trasferimento dei macchinari. Stefano Cinaglia