"Cani e gatti? Colmano i vuoti affettivi"

La psicologa Scappini: "Gli amici a quattrozampe sono soggetti stabili". Il professor Cenci Goga: "Attenti a non umanizzare Fido"

PERUGIA

Animali sempre più trattati come persone di famiglia. Li incontriamo abbigliati con bomberini e mantelle, coccolati negli zainetti o nelle carrozzine, nutriti con cibi gourmet e perfino stesi sul lettino dell’analista per risolvere problemi comportamentali. Intanto, un umbro su due ha un cane, le culle si svuotano e si rimpinguano le cucce. Ma che succede? Una nuova moda? Possono cani e gatti colmare il disagio sociale? Ne parliamo con Agnese Scappini, dottoressa in Filosofia ed etica delle relazioni umane, psicologa del lavoro e dei contesti.

"Il dato – spiega Scappini - è l’esito di diverse concause. Prima tra tutte il lockdown, che ha imposto il distanziamento sociale e ci ha chiusi in casa. L’animale diventa così la scusa per uscire ed è una buona alternativa alle coccole: noi umani abbiamo bisogno del contatto e della relazione e l’animale, durante la pandemia, va a colmare queste carenze. La natalità in calo? Per mettere al mondo un figlio serve fiducia. Le notizie che riceviamo ogni giorno – prosegue Scappini – non ci fanno stare tranquilli (la fecondità dipende anche dalla tranquillità). Non solo, crescere un bambino costa e una volta grande il figlio se ne va, il cane no. Insomma un animale è meno impegnativo, non innesca conflittualità ed è un soggetto stabile di affettività in un’epoca molto vulnerabile e di grande solitudine".

Ma siamo sicuri che ciò che va bene per noi umani, lo sia altrettanto per Fido e Minù? Ecco come la pensa il professor Beniamino Cenci Goga, ordinario di ispezione degli alimenti all’Università di Perugia. "Abbiamo affrontato lo scorso mese di giugno, in un convegno, il rapporto tra uomo e animali, coinvolgendo scienziati, filosofi e teologi. E’ emerso un quadro molto interessante che se da un lato fa capire come la sensibilità di proprietari e consumatori, nei confronti degli animali da compagnia e di quelli da reddito, sia aumentata negli anni, dall’altro lascia perplessi una crescente sensibilità etologica dai caratteri ancora indefiniti e fluttuanti, da alcuni definita come “desiderio di antropomorfizzazione degli animali”. Troppo spesso si equivoca il benessere animale con l’attribuire ai nostri compagni a quattro zampe sentimenti e comportamenti umani. La medicina veterinaria - conclude Cenci Goga - ha fatto passi da gigante e sia l’approccio diagnostico che la terapia possono oggi contare sulle stesse conoscenze tecniche e scientifiche adottate per le persone, tuttavia esistono differenze comportamentali, etologiche e fisiologiche per cui non è sempre vero che ciò che va bene per i nostri simili sia valido anche per l’amato compagno fedele dell’uomo".

Silvia Angelici