Bimbo ucciso, il Ris analizza i cellulari della mamma

Sono iniziate le operazioni tecniche sui due telefonini sequestrati alla donna. Lei è ancora tenuta in isolamento a Capanne

I tecnici del Ris di Roma hanno avviato giovedì scorso le operazioni di analisi dei due telefonini sequestrati a Katalina Erzsebet Bradacs, 43 anni unghrese, in carcere a Capanne con l’accusa di aver ucciso Alex, il figlioletto di due anni. Gli accertamenti sui cellulari (uno in uso e l’altro ancora da verificare se funzionante) e sull’unica sim in possesso della donna sono stati avviati con l’obiettivo di ricostruire con esattezza quanto avvenuto prima e dopo l’omicidio.

"La mia assistita è tuttora in isolamento – sottolinea l’avvocato Enrico Renzoni, che difende Katalina Erzsebet Bradacs –. Le ho fatto visita ieri (giovedì, ndr). E’ ancora molto confusa, ma ha realizzato che non vedrà più il figlio. Continua a sostenere la sua versione: di non avere nulla a che fare con l’omicidio del piccolo. Ovvero: di essersi allontanata per raccogliere un giocattolo e al suo ritorno di aver trovato il figlio ferito a morte". E quel maledetto venerdì , a Po’ Bandino, a un passo dal confine con la Toscana, la donna arrivò nel primo pomeriggio nel supermercato Lidl con il bimbetto in braccio. Ne appoggiò il corpo su uno dei nastri delle casse. Il piccolo era già morto, colpito da sette coltellate inferte in rapida successione.

Il decesso era sopravvenuto per choc emorragico, così come accertato dall’autopsia condotta dai medici legali Mauro Bacci e Laura Panata, alla quale aveva assistito anche il consulente di parte, Luca Pistolesi, nominato dalla difesa della quarantatreenne.

Nei giorni successivi sono emersi i particolari sull’affidamento del bimbo al babbo Norbert, con un provvedimento del tribunale ungherese: la donna avrebbe lasciato il suo paese d’origine con il figlio proprio per evitare che quel provvedimento venisse applicato. E’ emerso anche che Bradacs, subito dopo l’omicidio, avrebbe inviato foto e video del piccolo, gli avrebbe cambiato la maglietta sporca di sangue e si sarebbe cambiata la felpa. Tutti elementi che, ora, sono al vaglio del procuratore generale Raffaele Cantone e del pubblico ministero Manuela Comodi che coordinano le indagini, condotte dai carabinieri di Città della Pieve.

Annalisa Angelici