Bimbo ucciso, gli interpreti sono al lavoro

In fase di traduzione i documenti dell’affidamento del piccolo Alex arrivati dall’Ungheria. La mamma è in carcere a Capanne

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Due interpreti sono al lavoro per tradurre la gran mole di documenti arrivata dall’Ungheria riguardo l’affidamento di Alex, il bambino di due anni ucciso all’inizio di ottobre. Dell’omicidio è accusata la mamma del piccolo, Katalina Erzsebet Bradacs, 43 anni unghrese, in carcere a Capanne: la donna era arrivata al supermercato di Po’ Bandino, il primo di ottobre scorso, con il bimbo in braccio, già morto. Lo aveva appoggiato sul nastro di una delle casse, tra gli sguardi agghiacciati del personale presente.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, la donna sarebbe partita dall’Ungheria poco dopo aver saputo che il bimbetto era stato affidato al papà. E, ora, gli inquirenti vogliono aver chiari tutti i passaggi che hanno portato alla decisione del giudice riguardo al piccolo Alex. Un’opera molto complicata, vista la quantità di documenti arrivati dall’Ungheria che è ovviamente necessario tradurre.

Intanto i tecnici del Ris di Roma sono ancora al lavoro sui tre telefoni trovati nella disponibilità della donna, uno dei quali ridotto poco più che a un rottame. Sarebbe stato proprio quest’ultimo apparecchio a rendere più impegnativo l’intervento degli esperti del Reparto investigtivo della Capitale che avrebbero impiegato diverso tempo per aprirlo senza pregiudicarne il contenuto in maniera definitiva.

Nei giorni successivi alla tragedia erano emersi i particolari sull’affidamento del bimbo al babbo Norbert, con un provvedimento del tribunale ungherese: la donna, appunto, avrebbe lasciato il suo paese d’origine con il figlio proprio per evitare che quel provvedimento venisse applicato. Era emerso anche che Bradacs, subito dopo l’omicidio, aveva inviato foto e video del piccolo, gli aveva cambiato la maglietta sporca di sangue e le stessa aveva cambiato la felpa che aveva indosso. Tutti elementi che sono al vaglio del procuratore generale Raffaele Cantone e del pubblico ministero Manuela Comodi che coordinano le indagini, condotte dai carabinieri di Città della Pieve.

La donna è tuttora in carcere a Capanne: l’avvocato Enrico Renzoni, che la difende, aveva chiesto per lei dei colloqui con una psicologa, che erano stati accordati.