Bidella morta di Covid, denunciata la scuola

La tragedia a Deruta: la collaboratrice aveva 53 anni. Il nipote accusa: "Decesso causato da negligenza e intempestività"

Medici in prima linea per fermare il contagio

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Perugia, 12 giugno 2021 - Katya Zengarini è morta il 4 maggio scorso ad appena 53 anni a causa del Covid contratto nella scuola dell’Infanzia “Mameli-Magnini“ di Pontenuovo di Deruta. Per colpa del mancato rispetto dei protocolli ministeriali in materia, sostiene ora il nipote-convivente che ha presentato denuncia alla procura di Spoleto per omicidio colposo. Nell’esposto, depositato dall’avvocato Giuseppe Caforio, legale del familiare, viene ricostruito l’intero iter della vicenda: dal primo caso di positività dentro il plesso scolastico alla decisione della dirigente di chiudere una sola sezione, fino alla positività della collaboratrice scolastica e al suo ricovero in ospedale.

In particolare il 22 marzo un’insegnante della sezione B dopo essersi recata a scuola venne avvertita della positività dei propri familiari e poco dopo il suo test rivelò che lei stessa era positiva. La dirigente decise quindi di chiudere – è ricostruito nell’esposto – solo la Sezione B ma non dispose alcun provvedimenti nei confronti del personale Ata, tra cui appunto la Zengarini e un’altra collega. Non sarebbero state ritenute "contatto" di caso positivo e che quindi continuarono ad andare al lavoro, anche sanificando gli ambienti in cui aveva lavorato l’insegnante contagiata. Quando invece – ritiene la famiglia – sarebbero dovute essere sottoposto alla quarantena in osservanza al ’Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19’.

Appena due giorni dopo però la stessa bidella accusò una sintomatologia da Covid-19 ma, al primo test rapido, risultò negativa e fu invitata a proseguire la sua attività lavorativa dentro il plesso scolastico. "Solo in seguito alla insistenti chiamate dei genitori che sollecitavano l’adozione di misure di prevenzione e sicurezza adeguate", è scritto la Zengarini fu "invitata" dalla dirigente scolastica a sottoporsi al test rapido, tre giorni dopo il contatto con l’insegnante positiva. Questa volta il responso sarà positivo.

E’ il 26 marzo. Il giorno dopo arriva la conferma dal tampone molecolare e per Katia inizia la quarantena e il calviario del virus.

Solo il 29 marzo successivo – ricostruisce ora il legale – la dirigente decise di chiudere anche la sezione A della scuola dell’infanzia. Nel frattempo all’interno è scoppiato un cluster.

Per la bidella è ormai troppo tardi. Il 2 aprile viene ricoverata all’ospedale di Perugia in condizioni critiche: la saturazione è molto bassa e, appena quattro giorni, viene intubata nel reparto di Rianimazione del Santa Maria della Misericordia. Il 30 aprile i medici provano il tutto per tutto e sottopongono la Zengarini a una tracheotomia. Ma ormai il virus le ha devastato gli organi. Il 4 maggio, in seguito ad un ulteriore peggioramento delle condizioni, la collaboratrice domestica muore. L’ennesima vittima del Covid che però – secondo l’accusa della famiglia – poteva essere evitata.

Nell’esposto la difesa qualifica il caso come infortunio sul lavoro, come sancito anche dal ’Cura Italia’ e dalle stesse circolari Inail e imputa al datore di lavoro – la dirigente scolastica e lo stesso Ministero – la responsabilità perché "contravvenendo agli obblighi di tutela del lavoratore ha violato le disposizioni della normativa emergenziale nonchè i protocolli di intesa elaborati dalle istituzioni governative per la ripresa delle attività scolastiche e le misure da adottare nel caso di positività di un soggetto al virus Covid-19".

Il nipote trentenne con cui Katya viveva, unico erede della donna, ritiene che la morte della zia fu causata da negligenza e intempestività nella condotta della scuola e di chi ne aveva la responsabilità mentre il Ministero è stato citato in sede civile per la riparazione del danno in quanto datore di lavoro della collaboratrice.