Cinema a Papigno, ferita aperta. Il naufragio del sogno di celluloide

'Report' riporta alla ribalta la storia (finita male) degli Studios

’inaugurazione del 'Giardino di Pinocchio'

’inaugurazione del 'Giardino di Pinocchio'

Terni, 19 aprile 2017 - C’era una volta il sogno cinematografico di Papigno. La sveglia l’ha data Report nella puntata di lunedì scorso che ha riaperto una ferita tutta ternana mai rimarginata: il flop degli Studios, che oltre a costare milioni di soldi pubblici ha lasciato in mezzo alla strada lavoratori e studenti. I primi, circa 200, impiegati in quello che fu il Centro cinematografico reso celebre dal pluripremiato «La vita è bella» di Roberto Benigni, finito in abbandono dopo l’avvento di Cinecittà; i secondi «incantati» dalle sirene della facoltà di Scienze della produzione artistica, altra cattedrale rimasta impantanata nel deserto dei sogni.

Abbandonato il Centro, che da Benigni passò appunto a Cinecittà per 5 milioni (il legale del regista toscano ha fatto sapere alla redazione di Report di dover ancora incassare più di un milione da quella operazione); chiusa la facoltà «immaginaria», rimasta senza soldi e futuro. E pensare che gli Studios di Papigno potrebbero rientrare dalla finestra nel patrimonio dello Stato, vista l’idea del Governo di rilevare Cinecittà, che annaspa tra i debiti, stimati in una trentina di milioni. Certo è che fa sempre impressione, per chi transita lungo la Valnerina, vedere come è ridotto lo spaccato degli Studios di Papigno. Il «Giardino di Pinocchio», scenario dell’ultimo film girato in loco da Benigni (che non ebbe il successo de La vita è bella), riconsegna quella sensazione di sogno sfumato che è propria degli Studios. Quella scenografia così caratteristica e così malridotta, ultimo tentativo, anch’esso andato a vuoto, di rilanciare Papigno un decennio fa, è un pugno nello stomaco per una comunità che credette di poter passare dall’industria alla celluloide.

E QUELL’EPOCA che vedeva sul palco Roberto Benigni, e in prima fila Nicoletta Braschi, insieme all’allora vescovo Vincenzo Paglia, appare lontanissima. In realtà è nei primi anni 2000 che Benigni decide di puntare forte su Papigno. «I fondi pubblici – racconta il sindaco Leopoldo Di Girolamo a Report – arrivarono dall’Europa, dallo Stato, da Regione e Comune per recuperare il complesso di Papigno (ex fabbrica di carburo ndr) e farne un centro di produzione e teatri di posa. Parliamo di circa 10 milioni». «Molti di più – riferisce sempre a Report Enrico Melasecche, vicesindaco dal 1997 al 1999, oggi consigliere comunale di minoranza – se si considera anche il Centro Multimediale, lanciato proprio per sostenere le produzioni cinematografiche di Papigno». Il sogno durò poco: la società di Benigni fu rilevata da Cinecittà Studios, che a Papigno ha scavato la fossa.

Ste.Cin.