Crescono gli episodi di violenza (verbale) in ospedale da parte di cittadini esasperati che, dopo essere stati dimessi, tornano a lamentarsi perché non trovano le risposte dalla medicina del territorio. E’ in questo quadro che l’Intersindacale Usl Umbria 2, che unisce tutti i rappresentanti dei lavoratori, ha scritto al direttore generale della Usl2, Massimo De Fino, al direttore sanitario Simona Bianchi, a quello amministrativo Piero Carsili e al responsabile delle relazioni sindacali Roberto Longari. "In ragione di recenti segnalazioni di atti e aggressioni a carico del personale medico di cui abbiamo avuto notizia – scrivono – chiediamo la convocazione del Cug (Comitato unico di garanzia, ndr) per urgenti riscontri e per finalità propositive e di verifica a tutela delle lavoratrici. A firmare Cgil e Cisl Medici, Cimo, Aaroi Emac, Annao Assomed, Fassid, Uil Fpl Medici, Fvm e Fesmed. L’episodio a cui fanno riferimento i sindacati si è verificato qualche settimana fa, e ha portato al danneggiamento di arredi e strumentazioni interni dell’ospedale. Per sedare la rabbia del paziente è dovuta intervenire la Volante, visto che gli agenti della postazione fissa non sono potuti arrivare in tempo. Questo episodio non sarebbe però l’unico e i medici, soprattutto le dottoresse, iniziano ad avere paura. "Serve un’accurata analisi del contesto, del numero degli episodi e delle contromisure da mettere in pratica a livello pratico, con filtri stringenti per l’ingresso – spiega il dottor Francesco Corea (foto), segretario aziendale Cimo Umbria presso la Usl 2 – d’altro canto, per quello che riguarda gli utenti, serve avere attenzione e rispetto. C’è bisogno di una presa in carico telefonica, il medico di turno in reparto non può fare da supporto". Il problema che pongono i professionisti è che spesso infatti i pazienti si trovino senza rete, una volta dimessi dalla struttura ospedaliera, senza avere più riferimenti precisi ma con problemi ancora da risolvere o dubbi da chiarire. Capita così che, di fronte a liste d’attesa lunghe o ad altri tipi di problematiche, facciano ‘irruzione’ in ospedale con modi non proprio ortodossi. Alessandro Orfei