Siena, 6 dicembre 2011 - Non pronuncia mai quella parola: Ufo. Oggetti volanti non identificati. Non parla di extraterrestri, tantomeno descrive quell’ «incontro» particolare con enfasi. Semmai naturalezza, semplicità e schiettezza di chi ha metabolizzato l’evento. Eppure lui, Rivo Faralli, 57 anni, barbiere di Torrita, ne ha visto uno di Ufo. A due passi da casa della madre, che quel 14 settembre 1978 era andato a trovare. Il suo caso è stato studiato, finendo nelle riviste ufficiali del Comitato ufologico nazionale (Cun). Una storia che l’ha accompagnato per tutta la vita. «Pensa che volevano portarmi in America per fare un confronto alla luce di ciò che avevo visto — racconta nel suo negozio di Torrita stazione — ma io non volli andare. Non me la sentivo, una cosa più grande di me».


Tutti in paese sanno. Ciò che è accaduto ma anche che Rivo è una persona seria. Nel locale che gestisce da 38 anni, oltre alla foto della sua splendida figlia, prematuramente scomparsa, c’è l’altra grande vicenda che ha segnato la sua esistenza. «Questo disegno lo realizzò il famoso Molino — spiega — sulla base della descrizione fatta all’epoca degli esseri che vidi».
Dove accadde?
«In via Piè agli Orti, nella zona del Refenero. Ero uscito da casa della mamma, saranno state le 21,30. Si spense il motore dell’auto, i fari. Più che un rumore vidi una luce abbagliante, fosforescente. Cosa feci? Rimasi immobile. Pietrificato, a maggior ragione quando da questa sorta di cappello luminoso uscirono in due (non dice cosa, ndr)».
Due esseri viventi?
«Fluttuavano nell’aria, non erano molto alti. Sembravano avere le facce scarnite, dal casco s’intravedeva poco il volto. Girarono intorno alla mia 127, sembravano più interessati a lei che a me. Poi se ne andarono».
Lei come riuscì a tornare a casa.
«Frastornato. Ero in ritardo, mia moglie chiese spiegazioni. Non riuscivo a dirle nulla, ero sotto choc. Solo più tardi... Alla gente non raccontai l’accaduto, temevo di non essere creduto, che mi avrebbero preso per matto. Non andai dai carabinieri. Poi la voce si sparse e la mia vita diventò un inferno. Fu un pellegrinaggio».
In che senso?
«Venne ad ascoltare il mio racconto Roberto Pinotti del Centro ufologico nazionale, sentirono anche mia madre e altre persone coinvolte. Sul selciato erano rimaste tre macchie scure, come fosse stato bruciato ad una temperatura altissima. Tutti, poi, venivano a prendere quei sassi, in realtà furono analizzati dagli esperti che effettuarono anche carotaggi del terreno. Per oltre un mese bussarono alla mia porta, ad ogni ora del giorno e della notte, persone normali, da La Spezia e da altre parti d’Italia, giornali e televisioni. Fui intervistato anche da La Nazione. Tutti volevano sapere, tutti volevano che ripetessi ciò che avevo visto. Accettai di andare da Corrado».
Ebbe conseguenze fisiche dopo quell’ «incontro»?
«Bruciore agli occhi che poi passò. Soprattutto, per un paio di anni, ebbi paura anche a passare da una stanza all’altra. Fui portato all’ospedale a Siena perché svenivo, stavo male. Non avevo malattie, erano le conseguenze psicologiche di quell’avvenimento. Mi fecero l’ipnosi, cercarono di capire se fossi un visionario».
Invece non era tale, neppure ubriaco.
«Proprio no! Certo, facile immaginare che sull’accaduto è stata fatta tanta ironia, qualcuno disse che mi ero inventato tutto per ottenere pubblicità».
Come si fa a dimenticare?
«E’ difficile ma sono tranquillo. Ho condotto la mia vita. Certo, scordare è impossibile».
Non pronuncia la parola Ufo, Rivo Faralli. In cuor suo, nonostante tutto, non riesce ancora a credere che sia potuto accadere. Proprio a lui.