Storie di sport toscano: Miriam, tra calcio e integrazione, "Io mai discriminata"

La 23enne attaccante del Montalbano si è innamorata della Valdinievole. Babbo del Marocco, mamma di Fucecchio, una storia tutta da leggere (e ancora da raccontare)

Miriam Boudouma, già 11 gol tra campionato di Promozione e Coppa Toscana

Miriam Boudouma, già 11 gol tra campionato di Promozione e Coppa Toscana

Larciano, 19 dicembre 2019 - Personaggi involontari. Miriam ha un nome poco comune, ma di cui va orgogliosa e un cognome che non passa inosservato: Boudouma. Fuori e in campo, perché gioca a pallone da quando aveva 6 anni, idem: tutti si accorgono di lei, del fisico statuario, 176 centimetri per 62 chilogrammi (il peso forma), del volto dai lineamenti fini, alla francese, dell’indubbia avvenenza. “Qualcosa di francese c’è – conferma lei, sempre sorridente, spesso entusiasta –: il babbo, Ahmed, è di origine marocchina, la mamma, Pierina, nativa di Fucecchio. Io sono la figlia del loro amore, nata all’ospedale di San Miniato Basso il 2 settembre del 1996. Ho 23 anni, abito a Fucecchio, mi occupo, assieme al mio responsabile, dell’usato in una concessionaria Mercedes a Empoli, gioco a calcio, da quest’anno punta dopo una trafila spesa da centrocampista centrale, nell’Unione Montalbano. Ecco, ho scoperto con piacere la Valdinievole: bellissima e non solo paesaggisticamente”.

La nostra storia inizia qui, da quest’attaccante da 9 gol nelle prime 8 giornate del campionato di Promozione, da 2 reti in altrettante gare di Coppa Toscana, adesso costretta da uno strappo al flessore a starsene a riposo forzato. Dovrebbe ricominciare ad allenarsi a fine mese, ma prima di metà forse fine gennaio non se ne parla: niente partite. “Il football è una grande passione – si racconta – sorta a 3, 4 anni, andando a vedere con mamma le gare del babbo, difensore centrale. Mi vestiva alla juventina, il babbo, sono diventata tifosa non fanatica della Vecchia Signora: molto sportiva, amante del bel calcio. Provai la pallavolo, ma me andai subito: palleggiavo coi piedi, non ero adatta a giocare con le mani. I primi 6, 7 anni trascorsi in squadre maschili, poi l’esperienza, splendida, alla Scalese di San Miniato con Nico Mattioli, l’attuale allenatore del Montalbano, persona meravigliosa: dalla D alla serie A, una scalata eccezionale, io aggregata al gruppo delle grandi, ma per età sul terreno da gioco con le piccine, nel settore giovanile.

Poi tre stagioni ferma, la penultima nel calcio a 5, nel quale non mi sono trovata bene. Il ritorno al calcio a 11 grazie a Mattioli, alla scommessa-Montalbano. Scommessa vinta a giudicare dai dirigenti, dai tecnici che ci seguono, non facendoci mancare nulla. Però avevo timore ad approdare in un gruppo già formato, con gran parte delle giocatrici provenienti da Monsummano. Ho scoperto ragazze fantastiche, grandi e piccole, con cui ci frequentiamo anche extra sport, uscendo la sera”. Ma la storia di Miriam è anche quella dell’integrazione ante litteram, agli sgoccioli degli anni Ottanta, 1989 precisamente: la storia dell’amore tra Ahmed e Pierina a Fucecchio, nella terra che dette i natali a Indro Montanelli. “È innegabile, all’epoca fece scalpore – fa sapere, divertita, Miriam –: un 23enne giunto dal Marocco, dapprima 2 mesi a Livorno poi trasferitosi a Santa Croce per lavorare nel settore conciario. Si guardavano dai loro balconi, a Fucecchio, si innamorarono due anni più tardi, nel ’91. Nel ’93 si sposarono, facendo chiacchierare i fucecchiesi, tre anni dopo sono nata io, figlia unica: bastavo, evidentemente. Babbo non è uno sciocchino: in Marocco si era quasi laureato in Giurisprudenza.

Ma non è stato discriminato, così come io non ho mai subito alcunché per il mio cognome, la provenienza del mio genitore. Né in campo né soprattutto fuori”. Diploma di Perito Chimico, sogna di fare carriera seguendo le proprie passioni. “Dopo un anno di Liceo scientifico, ero frastornata e scelsi di cambiare: optai per l’Istituto Tecnico Industriale. Una volta conseguita la maturità, me ne andai 3 mesi a Boston, negli Stati Uniti: l’Italia mi stava stretta, là avevo una cugina, feci la babysitter. Poi il ritorno nel bel Paese: gli Usa sono più rigidi in fatto di permessi, ecc. Ma potrei ancora andarmene via, in altre Nazioni: da questo punto di vista, ho preso dal babbo, che lasciò i suoi cari giovanissimo. Vedremo. Intanto spero che la favola-Montalbano prosegua: ci troviamo benissimo, circondati dall’affetto di Larciano e Lamporecchio.

Ancora non ci seguono tanti spettatori, perché siamo nuovi per la zona, ma sono certa che pian piano ci scopriranno, sostenendoci dalle tribune del ‘Fagni’ o del ‘Cei’, ove prevalentemente giochiamo”. Scopri che ha uno zio, colonnello dell’aeronautica militare marocchina, El Moustafa Boudouma, addetto militare all’ambasciata di Roma, che è stata in Marocco “tantissime volte e lì non c’è violenza o terrorismo. Suggestivo, da fare, il tour della città imperiali”, che è single, adora guidare le moto (“Dà un senso di libertà impareggiabile, ma ho appena venduto la Kawasaki 650”) e le automobili (“Amore grande”), che invita i genitori a far praticare calcio a bambine e ragazzine. “In questi anni ho ascoltato moltissimi luoghi comuni sul pallone rosa. Cari genitori, non abbiate timore: fate giocare le vostre bimbe a pallone. Non sarà uno spogliatoio femminile a cambiarle: lasciate che seguano le loro passioni”. Come vorrebbe fare lei: per sempre.