Fiorentina: 90 anni fa nasceva Segato, campione nel successo e nel dolore

Cresciuto nella prestigiosa scuola granata, in viola la trasformazione tattica grazie a Fulvio Bernardini. E' uno degli eroi del primo scudetto

Una delle pagine della “Nazione” di lunedì 7 maggio 1956 dedicate al successo viola

Una delle pagine della “Nazione” di lunedì 7 maggio 1956 dedicate al successo viola

Firenze, 3 maggio 2020 - Cresce alla prestigiosa scuola del Grande Torino (passando ore a guardare in allenamento Castigliano), ma è a Firenze che scrive pagine storiche come la vittoria dello scudetto 1955-56. Parliamo di Armando Segato, grande mediano della Fiorentina più bella di tutti i tempi, nato proprio 90 anni fa, il 3 maggio 1930 a Vicenza. Utilizzato inizialmente come ala, a Firenze trova in panchina Fulvio Bernardini che lo trasforma in mediano. Segato va a completare il famoso “blocco viola“, senza rinunciare alle sue incursioni offensive, grazie all’intuito e alle innovazioni di Bernardini: "Tutti ricordano la mossa, decisiva per lo scudetto, di Prini ala tattica, ma quell’accorgimento –spiega Massimo Cervelli, responsabile della commissione storia del Museo Fiorentina– fu reso possibile e devastante dalla corsa e dall’intelligenza con cui Segato sfruttava gli spazi creati dal compagno sulla fascia sinistra".

Giocatore corretto, elegante, ma anche lottatore, Segato unisce qualità e quantità. In viola, dal 1952 al 1960, gioca 257 partite ufficiali con 20 gol. Va a segno anche nell’entusiasmante cavalcata in Coppa Campioni, poi conclusa amaramente. Fa parte di un gruppo di giocatori straordinari, cementato da una grande amicizia. Gioca 20 gare in Nazionale, compreso lo storico 2-2 a Wembley contro gli inglesi, il 6 maggio 1959 in cui porta la fascia di capitano. Di lui resta il ricordo di un’estrema signorilità anche fuori dal campo, un uomo di solidi principi e di grande dignità. Viene colpito dalla Sla (la sclerosi laterale amiotrofica), primo ex calciatore professionista a cui è diagnosticata questa malattia che lo porterà alla morte il 19 febbraio 1973. "Ci ha insegnato tantissimo –ricorda la figlia Cristiana– ha percorso la strada della malattia con la stessa dignità con cui ha percorso il successo". Da allenatore compie l’impresa di riportare il Venezia in A. Dopo essersi accordato con una stretta di mano con il presidente della Reggina, riceve un’offerta della Juventus, ma la declina. A chi gli fa notare che così perde una grande occasione, risponde quasi stupito: "Ma io ho dato la mano...".