X Factor 2021, l'arte di 22.22: "Il mio nome è l'orario di un whatsapp che aspettavo"

Il cantante aquilano ha stupito i giudici con Sick, il suo brano in cui vengono usati fonemi al posto delle parole

Il rapper 22.22, eliminato a X Factor

Il rapper 22.22, eliminato a X Factor

20 ottobre 2021 -  Rap ispirato al movimento futurista di Filippo Tommaso Marinetti, testi che arrivano in faccia come pugni, il coraggio di voler esprimere la propria essenza a tutti i costi. Questa è l'arte secondo la visione del poliedrico cantante 22.22, nome d'arte di Matteo d'Innocenzo.

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Originario dell'Aquila, in 21 anni di vita dice di aver cambiato 21 case. Ha partecipato a X-Factor, dove ha esterrefatto i giudici con la sua Sick nella seconda puntata delle audizioni, per poi essere eliminato giovedì scorso dopo aver portato Ne avevo bisogno, un testo senza arrangiamento in cui ha messo tutto il suo carattere e la sua voglia di esprimersi.

Il rapper 22.22, eliminato a X Factor
Il rapper 22.22, eliminato a X Factor

Quando è iniziato il tuo rapporto con la musica? «Già a scuola, quand'ero bambino, scrivevo poesie. Poi, a 13 anni, ho sentito una base su Youtube che non aveva testo e ho provato ad adattare uno dei miei componimenti, aggiustando la metrica. Da lì, ho iniziato pian piano una sorta di carriera nel rap, quindi live nei locali, contest di freestyle, situazioni underground».

Perché  hai deciso di chiamarti 22.22? «E' una storia un po' triste. Nasce dal fatto che a 13 anni purtroppo mi tagliavo, ma ne sono uscito praticamente subito, perché il dolore mi sovrastava, ma ho riflettuto e ho ripreso il controllo. Dopo questa esperienza, ho deciso di aiutare altre persone che erano in quel mondo lì. Sono riuscito a dare una mano a circa venti persone. Fra queste, c'era una ragazza con la quale ho avuto un rapporto più lungo. Lei aveva alle spalle una storia tragica di abusi e violenze e ha iniziato a farsi di eroina. Per tutto l'anno e mezzo in cui ci siamo sentiti, ogni singolo giorno, alle 22.22, mi mandava un messaggio: "Sono le 22.22". Un giorno l'hanno trovata per strada quasi priva di sensi e l'hanno portata in comunità. Quello è stato il primo momento in cui non l'ho sentita. Mi ha scritto dopo una settimana, dicendo che era scappata da lì e andava a cercare sua madre, che non aveva mai conosciuto. Da lì non l'ho più sentita. All'inizio ho provato con tutti i mezzi a trovarla, ma non ha funzionato niente. Non so che fine abbia fatto, credo sia morta. Dopo qualche mese ho deciso di metterci una pietra sopra, ma la porto sempre con me, attraverso il mio nome».

Da dove arriva la tua esigenza di esprimerti con i fonemi, come il movimento futurista? «Nel 2020 mi sono trasferito a Milano e dovevo iniziare a lavorare in ambito musicale. Dopo tre giorni c'è stato il Covid, il lavoro  è saltato e mi sono trovato con mille euro d'affitto da pagare senza avere nulla. In quel momento, ho deciso di trasformare la mia carriera e portare qualcosa di diverso in Italia: per 16 ore al giorno ho la musica urban e rap di tutto il mondo per vedere se ci fossero influenze particolari che qui non fossero ancora arrivate, qualcosa di nuovo. Ho scoperto che tutto il rap è uguale, in ogni singola parte della Terra. Ho avuto una sensazione nello stomaco, un sentimento fisico che mi diceva che dovevo stravolgere, non per trovare qualcosa che potesse funzionare, ma per un mio bisogno, per non essere accomunato a quelle cose tutte uguali. Ho iniziato, così, a creare melodie solo con la fonetica. Da lì, poi, mi sono avvicinato alle correnti dell'arte astratta. Mi hanno contattato da X-Factor dicendomi di essere interessati». 

Perché la scelta di portare Ne avevo bisogno, un brano diverso dal tuo solito stile? «Fra i brani del tuo repertorio, X-Factor consiglia quali portare all'esibizione. Quando mi hanno consigliato Sick ero d'accordo, poi ai Boot camp mi hanno proposto un mio pezzo inedito del 2018, ma ero contrario e, così, ho sentito nuovamente quella sensazione allo stomaco: volevo essere io a scegliere sulla mia arte, senza ascoltare i pareri di gente esterna alla mia musica. Volevo scrivere qualcosa che sentissi mio e ne è venuto fuori il testo più profondo che io abbia mai scritto. Ho comunicato agli organizzatori la mia scelta e mi hanno detto 'va bene, ma prova a fare un arrangiamento', ma in due giorni è stato impossibile».

Ascoltando il tuo brano, infatti, si viene proprio colpiti dal testo. Pensi che con l'arrangiamento saresti riuscito a superare i Boot camp? «Secondo me no. A prescindere dalla base, ho voluto dare spazio più alla mia personalità che al brano. Hanno capito che non sono fatto per stare in quel programma e l'ho capito anche io. Se mi dai regole sulla mia arte non le rispetto, perché è una cosa troppo personale. Hell Raton lo sapeva, penso che abbia fatto la scelta giusta e mi sono fidato, poi in futuro si vedrà».

A proposito di futuro, quali sono i tuoi prossimi progetti? Sei stato contattato dalle etichette? «Io sono già sotto contratto, da prima che facessi X-Factor. Chi mi ha contattato, invece, è stata la gente, tantissima. Non ero abituato a questo tipo di esposizione. Ci sono state persone che mi hanno raccontato storie molto personali, ed è stato bello perché hanno deciso di raccontarsi a uno sconosciuto solo perché ha scritto una canzone che gli ha trasmesso qualcosa. Tutto questo mi ha ispirato a scrivere altre testi e quindi ho passato i primi tre giorni dopo la puntata a rispondere a quasi tutti i messaggi perché non potevo ignorarli, avevano un valore troppo grande».

Per chi tiferai domani sera? «Melli e Gemma, con cui ho legato tanto, Gianmaria e Vale Lp: con lei non hoi avuto contatti, ma mi è piaciuta davvero tanto, l'ho trovata completa a livello musicale».