La clemenza di Tito, la potenza di Mozart

L'opera del compositore austriaco è tornata al Teatro del Maggio

Una scena dell'opera (foto Michele Monasta)

Una scena dell'opera (foto Michele Monasta)

Firenze, 21 marzo 2019 - A luce appena spenta sul palcoscenico, la prima sensazione che resta è legata alla potenza della musica. A quell'autore patrimonio dell'umanità che è Wolfgang Amadeus Mozart che anche in un'opera meno rappresentata rispetto ad altre come La clemenza di Tito, riesce a esprimere una potenza creativa che solo i grandi posseggono. Certo, rispetto alla trilogia su libretti di Da Ponte e al Flauto Magico, il lavoro (ultimo in italiano di Mozart) è meno importante. Ma è bene ascoltarlo più spesso, anche solo per alcune arie che caratterizzano bene la drammaticità della vicenda, specialmente del secondo atto. Il Maggio Musicale Fiorentino ha così riproposto l'opera, che mancava dal 2003 (prima e unica presenza nei cartelloni fiorentini, fino a quella di oggi) nella sua stagione.

La lettura impressa da Federico Maria Sardelli ha aiutato ad apprezzarla: assecondato bene dall'orchestra e dal coro del Maggio, la sua è stata una direzione ordinata, senza enfasi, precisa nel sottolineare i vari stati d'animo sul palco, rispettosa della partitura. Anche le voci hanno seguito questa impostazione con ottimi risultati: ricordiamo il Tito di Antonio Poli, Vitellia di Roberta Mameli e Sesto di Giuseppina Bridelli. La regia di Willy Decker si è mossa proponendo l'ambientazione in un settecento neoclassico dove la scena era dominata da un blocco di marmo che mano a mano diventava un grande busto che raffigurava l'imperatore. Successo meritato con consensi per tutti i protagonisti.

Repliche il 22, il 24 e il 27 marzo (www.maggiofiorentino.com)