Non solo malattie poco comuni ecco anche i ‘pazienti rari’

«Basso il numero di immigrati che scelgono le cure Att»

ATT

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L’Associazione Tumori Toscana traccia un bilancio sulla popolazione immigrata che richiede la propria assistenza e utilizza i relativi servizi. «La nostra associazione fornisce cure gratuite a chiunque le richieda, indipendentemente dall’essere o meno cittadini italiani – spiega il dottor Giuseppe Spinelli, presidente dell’Att -. In particolare, la città di Prato, nella quale l’associazione opera da molti anni, è sede di un’importante comunità di origine cinese. I dati a nostra disposizione dimostrano però che raramente i pazienti di origine cinese fanno ricorso alle cure domiciliari fornite dalla nostra associazione. Dal 2011 al 2015, abbiamo seguito a Prato 1.440 pazienti, dei quali solo 7 (pari quindi al 0.48%) di origine cinese». I dati Att sono stati pubblicati sul Journal of Pain and Symptom Management come quelli degli oncologi-palliativisti dell’MD Anderson Cancer Centre di Houston, Texas, che hanno riportato i dati relativi allo scarso accesso alle cure palliative da parte degli immigrati di origine messicana. La società attuale è percorsa da fortissime ondate migratorie che stanno rimodellando, in maniera rapidissima, le caratteristiche demografiche delle nazioni più ricche.

È legittimo chiedersi, dunque, quale impatto abbiano questi fenomeni sull’accesso alle cure, nel caso specifico alle cure oncologiche e/o palliative domiciliari, da parte dei pazienti. In medicina esistono numerose malattie rare, caratterizzate da una ridottissima prevalenza nella popolazione. Ma è possibile parlare anche di “pazienti rari”? Ovvero, di una tipologia di paziente che raramente s’incontra nella pratica clinica quotidiana?

Secondo il report americano, i pazienti di origine messicana raramente fanno ricorso alle cure palliative e alle cure di fine-vita a causa, principalmente, di due ragioni: la mancanza di fondi per pagarle e la mancanza di documenti, con il conseguente timore di essere rimpatriati. Secondo l’Att, invece, le ragioni di questo raro ricorso alle cure domiciliari sono da ricercare in altre direzioni, diverse da quelle indicate dallo studio americano. «A nostro avviso, fattori di carattere culturale, familiare e religioso rendono limitato l’accesso di una comunità, come quella cinese di Prato, alle cure domiciliari, anche quando queste sono gratuite e fornite senza formalità burocratiche – proseguono dall’Att -. Considerata l’attualità delle problematiche legate all’immigrazione, questi dati andrebbero presi in seria considerazione dalle istituzioni, al fine di attivare programmi che favoriscano la piena inclusione dei cittadini stranieri nel nostro sistema sanitario. L’Associazione Tumori Toscana, dal canto proprio, continua a monitorare, grazie al suo team dedicato alla ricerca, la situazione degli immigrati nelle città servite allo scopo di migliorare sempre la propria offerta di servizi».