Cecità, scienza e ricerca medica

Così si scopre che il cervello può svilupparsi per compensare la mancanza del canale visivo L’Uici ha partecipato a uno studio condotto dal professor Pietro Pietrini dedicato alle funzionalità cerebrali delle persone non vedenti

UICI

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«Non è raro vedere la cecità associata ad un’inabilità generale che riguarda anche la capacità di pensare con la propria testa – afferma Antonio Quatraro presidente del Consiglio Regionale Toscano dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti -. Il cieco viene talvolta considerato alla stregua di un bambino piccolo che deve essere difeso perché non è in grado di capire ciò che è bene e ciò che è male. Chi non ti guarda è come se non capisse ciò che viene detto, come se non avesse alcuna cognizione di ciò che accade intorno a lui. Poi abbiamo le paralimpiadi e i personaggi celebri che si fanno ammirare nel mondo, ma questi, proprio perché sono eccezioni, nel sentire comune, finiscono per confermare la regola». In questo senso, la Settimana del cervello che si è tenuta a Lucca dal 12 al 18 marzo, ha segnato una svolta. «L’équipe del professor Pietro Pietrini, con cui l’Uici collabora da anni – spiega Quatraro -, sta dimostrando che il cervello, per natura, è più saggio e più acuto di chi lo possiede. Nel senso che quando viene a mancare il dono della vista, il cervello si dà una mossa, come si direbbe ora, e richiama in servizio quelle zone prima dedicate alla vista. Perché il cervello ha capito da tempo che l’attività è la cura migliore contro la disabilità». L’Uici ha sempre collaborato agli studi del professor Pietrini, incoraggiando ciechi dalla nascita e, da adesso, divenuti tali in età adulta, a sottoporsi agli esami previsti, utili a conoscere meglio il funzionamento del cervello in assenza di un canale sensoriale importante come quello visivo. Come spesso accade, studiare situazioni di emergenza è utile a comprendere la normalità: conoscere meglio il comportamento del cervello delle persone con patologie visive, aiuta così a conoscere meglio anche il funzionamento del cervello nelle persone più fortunate. Lo studio è stato presentato all’interno del programma previsto dalla Scuola IMT Alti Studi di Lucca per la Settimana del Cervello, con l’incontro “Un altro vedere: nuova luce nell’oscurità” che ha raccolto gli interventi di Emiliano Ricciardi professore di psicobiologia e psicologia fisiologica, Davide Bottari ricercatore in neuroscienze cognitive, entrambi collaboratori della Scuola IMT, insieme a Barbara Leporini ricercatrice informatica all’Istituto di Scienze e Tecnologie dell’Informazione “A. Faedo” (Area di Ricerca CNR di Pisa) e Antonio Quatraro. «L’inclusione – conclude Quatraro -, è quindi prima di tutto incontro e conoscenza reciproca, e praticare l’inclusione, ossia conoscersi, incontrarsi, giova anche a chi per sua fortuna non ha bisogno di misure particolari, nella scuola, nel lavoro, nell’uso degli spazi pubblici. Siamo orgogliosi tutte le volte che la scienza trae giovamento dalla nostra situazione, obiettivamente sfavorevole, ma che grazie alla scienza si trasforma in una sfida, in un’opportunità per migliorare la situazione di tutti».