Lo sportello Donna chiama Donna: "Per dare voce a chi non ha voce"

Cristina Arba (Cgil): "Esistono tanti tipi di vessazioni, sul posto di lavoro o durante una separazione. E poi quelle economiche e psicologiche. Noi siamo qui, per chi ha bisogno di aiuto e di una risposta".

di Sandra Nistri

FIRENZE

Un ruolo attivo e a 360 gradi quello del sindacato contro le violenze di genere, sul lavoro ma non solo. Un ruolo che la Cgil svolge attraverso uno sportello dedicato ma anche con politiche legate alla formazione e informazione sul tema sia nelle proprie sedi che all’esterno. Ne parliamo con Cristina Arba Coordinatrice regionale Donne Cgil.

Ci racconta l’esperienza dello Sportello ‘Donna chiama Donna’ della Cgil?

"Il nostro sportello ‘Donna chiama Donna’ nasce alla fine degli anni Ottanta proprio perché ci eravamo accorti delle problematiche e discriminazioni che riguardavano le donne in quanto donne, spesso lavoratrici con figli. C’è anche una violenza di tipo economico: le donne, in molti casi, o sono segregate in casa e non possono andare a lavorare oppure, se lavorano, non possono gestire in maniera autonoma il proprio stipendio. Si conta che una donna su tre non abbia un conto corrente autonomo e siamo nel 2023. Obiettivo dello sportello era aiutare le donne che si rivolgevano a noi per qualunque tipo di vessazione e motivazione. A loro mettiamo a disposizione l’assistenza, gratuita o pagando una cifra irrisoria, di una avvocata sia penalista che civilista oltre che di una psicologa psicoterapeuta".

Quante richieste di aiuto ricevete e di che tipo?

"Durante la pandemia abbiamo registrato un crollo di chiamate, nel 2022 abbiamo avuto un incremento ma quest’anno le richieste sono aumentate ulteriormente e siamo già ad oltre 50 telefonate prese in carico. Le problematiche poste sono le più diverse: si tratta soprattutto di vessazioni sul posto di lavoro che riguardano fra l’altro mansioni non idonee o anche il rientro dalla maternità, con donne che si trovano a dover contrattare, con grandi difficoltà, orari con il datore di lavoro. Poi ci sono state anche vere e proprie molestie e in queste situazioni abbiamo chiamato in causa i datori di lavoro. Ci sono però anche altre richieste: ad esempio quando ci sono separazioni e un numero consistente di chiamate arriva anche da donne, alcune con figli, che cercano alloggi ma non riescono a pagare affitti perché i prezzi sono alti e i lavori precari".

Cosa si può fare per arginare la violenza di genere? E quanto è importante la formazione?

"Come Cgil proviamo a lavorare sulla cultura facendo formazione sia all’interno della Camera del Lavoro ai delegati e delegate sulle politiche di genere, non solo sulla violenza ma anche sul catcalling o sul linguaggio. Poi facciamo formazione all’esterno: attualmente stiamo facendo un corso in una azienda su questo tema rivolto a lavoratrici e lavoratori. Fino a quando una sola donna sarà uccisa per una questione di potere avremo un problema di cultura, ma la cultura richiede un lavoro complessivo, da parte del sindacato certo ma anche la scuola, le Istituzioni, le associazioni che possono aiutare a formare il carattere delle ragazze e dei ragazzi".