Per Artemisia Centroantiviolenza onlus tutti i giorni sono dedicati alla difesa delle donne. Ma non solo. Perchè accanto a loro spesso ci sono i figli, da proteggere al pari delle loro madri.
Numerose le iniziati organizzate in occasione del 25 novembre, con un calendario portato avanti nel corso della settimana, che ha compreso l’iniziativa in Santa Croce col “Progetto viva Vittoria“ dell’Associazione Ailo: una grande coperta cucita a mano è stata distesa in piazza e il ricavato della vendita è stato destinato ad Artemisia e ad altre associazioni.
Ieri si è svolto invece il convegno all’Istituto degli Innocenti in piazza della Santissima Annunziata, dal titolo “Donne, bambine e bambini liberi dalla violenza: il potere della comunità“, che si è svolto subito dopo la Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia e Adolescenza del 20 novembre.
"Il Convegno si è focalizzato sui bisogni complessivi delle persone che stanno affrontando percorsi di uscita dalla violenza - afferma Elena Baragli, presidente di Artemisia –. Siamo partiti dall’assunto che l’immaginario comune è intriso di pregiudizi che condizionano il cambiamento culturale, necessario per contrastare la violenza. Ma c’è di più: le stesse agenzie che si occupano di violenza, compresi i centri antiviolenza, presumono di sapere quali siano i bisogni materiali, emotivi, spirituali delle persone che stanno vivendo una situazione di violenza e intendono uscirne". In tutti questi anni di impegno, Artemisia ha capito che per conoscere le reali esigenze occorre restituire protagonismo alle persone, dar loro voce, parola, centralità come portatori di saperi e risorse. L’ascolto delle protagoniste e dei protagonisti, delle loro aspirazioni fa sì che possano mantenere una posizione attiva e partecipata al processo di cambiamento: "Cambiamento che vede tre attori principali - prosegue la presidente Baragli –: le persone, la rete dei servizi, la rete formale e informale della comunità. La comunità tutta è infatti chiamata a un’assunzione di responsabilità, non solo nella promozione di una rivoluzione volta a sradicare stereotipi culturali e sociali che sono il terreno fertile della violenza, ma anche come ambito di opportunità. Opportunità concrete per la costruzione di un cambiamento ma anche opportunità di relazioni, di contesti, di spazi e risorse. Assumere un ruolo attivo, tenendo bene in mente che la comunità tutta può avere un potere riparativo, in risposta a quei bisogni dell’anima, che nessun intervento, seppur specialistico, da solo, potrà mai garantire".
O.Mu.