Banda di fratelli Comanda Biraghi Leader vertical

I segreti di un gruppo guidato da un capitano vero. Quando il cast conta più di un singolo attore

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di Giampaolo Marchini

Ogni allenatore ha i suoi alfieri. Nessuna preferenza, per carità, ma nelle squadre ci sono giocatori più funzionali di altri dai quali il mister di turno si separa mal volentieri. Questioni tecniche, caratteriali e di duttilità tattica. Perché anche da esperti si può sempre imparare e rendere al meglio. Vincenzo Italiano non sfugge a questa regola non scritta, tanto da aver affidato la fascia di capitano a Cristiano Biraghi che si appresta a vivere la quinta stagione in viola. Spesso nel mirino della critica, ma il cursore di fascia sinistra non si è mai curato troppo degli spifferi, abituato com’è, prima di tutto, a pensare al gruppo e a difendere sempre la squadra. E in campo, in fondo, le prestazioni non sono mai mancate. Non a caso il suo procuratore, Mario Giuffredi, qualche anno fa ebbe modo di evidenziare come il leader viola siA tra i giocatori "maggiormente sottovalutati dell’intera serie A".

L’agente forse esagera, perchè gli estimatori non mancano. Talvolta però è il liguaggio del corpo che determina giudizi sulla persona spesso superficiali e affrettati. Ma lui ha sempre lavorato a testa bassa, preferendo parlare sul campo o all’interno delle quattro mura dello spogliatoio dove il pensiero di ’Biraggiro’ è tenuto in grande considerazione.

Idee chiare quelle di Biraghi, come limpida è la sua onestà di pensiero che gli fanno onore in un mondo, come quello del pallone, dove le perifrasi di circostanza sono il pane quotidiano della comunicazione dei giocatori. E’ il primo a dirlo che è fatto così, pane al pane perché "Dico sempre le cose che penso. Sono un uomo che viene odiato o viene amato, mi interessa poco, so che non piaccio a tutti. Dico sempre le cose per il bene mio e della squadra. Ho raggiunto certi livelli perché credo nel lavoro e ho sempre lavorato tanto". Insomma, come direbbero in Argentina, un ’hombre vertical’, che ha in mano insieme ad altri, il baricentro emozionale dello spogliatoio viola.

E’ proprio tra le quattro mura dello spogliatoio viola che nasce la forza di questa Fiorentina. Gruppo che ha saputo cementarsi ancora di più dopo la partenza di Vlahovic, riuscendo comunque a centrare un traguardo importante, come la qualificazione ai play off della Conference League. Non solo, accarezzando anche qualcosa di più, a livello europeo. Un punto che è la benzina per ripartire in questa stagione ancora più determinati e decisi che mai. Se la forza del gruppo, poi, si misura dalla reazione che arriva nei momenti di difficoltà, la Fiorentina è un complesso solido, mentalmente e tecnicamente. Squadra che se si siede sugli allori, c’è qualcuno pronto a riportarla sui binari giusti e alla giusta carica agonistica. Vincenzo Italiano in questo senso è una garanzia, perché se magari può anche sbagliare – non è infallibile – non fallisce gli inserimenti sui giocatori. Riesce sempre, a voce alta o meno, a entrare nell’autostima dei giocatori, amplificandola. Non una dote da poco. Molto della Fiorentina che riempie gli occhi è nata proprio dalla nuova convinzione che Italiano ha infuso al manipolo disorientato, diventato Banda di Fratelli. Per scomodare in maniera del tutto irriverente la Compagnia Easy che nel 1944 dette l’assalto alla Normandia e resse l’offensiva tedesca a Bastogne. Il 4-3-3 come fede monoteista, una sorta di coperta di Linus per il gruppo, ma senza per questo appartenere al fondamentalismo estremista. Perché l’intelligenza di una squadra è saper interpretare ogni singolo passaggio della gara.

Biraghi, dicevamo, leader di un gruppo che ha tanti alfieri. E Uno di questi è sicuramente Jack Bonaventura, che conosce pregi e difetti del gruppo, pronto ad allargarlo ai nuovi arrivati. Forse il segreto è tutto qui. Ma fino a un certo punto...