Vivian Maier, la tata pioniera dei ’selfie’

Aperta la mostra ai Magazzini della Corticella, con i nuovi spazi ristrutturati, della fotografa americana diventata celebre dopo la morte

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di Riccardo Bruni

A volte è solo un accenno. Un’ombra in basso, verso il bordo della foto. Potrebbe quasi sembrare la disattenzione del fotografo che entra in campo senza volerlo. A volte, invece, è un volto riflesso, uno sguardo che sembra parte del paesaggio oppure nascosto dietro la macchina che scatta. La presenza di Vivian Maier nelle novantatré fotografie che compongono la mostra ‘The self Portrait and its Double’, da oggi e fino al 16 marzo visitabile nei locali restaurati della Corticella al Santa Maria della Scala, è un elemento a volte evidente, quasi centrale, a volte appena intuibile. Ma sempre presente.

Motivo per cui queste immagini sono state definite ‘autoritratti’, sebbene l’intenzione non sembri mai quella di esibirsi al centro della scena, ma semplicemente di farne parte. Newyorkese, Maier ha sempre vissuto con la sua macchina fotografica, prima una Rolleiflex e poi una Leica, scattando più di 120mila foto. Non è mai stata una fotografa professionista, per tutta la vita ha lavorato come tata. Fino a quando il giornalista John Maloof acquista alcuni bauli a un’asta, dove è andato per cercare materiale per un libro, trovandoci dentro questo piccolo tesoro di negativi non sviluppati.

Strade, quartieri, volti, scorci, geometrie architettoniche o interni ordinari, di qualche piccolo appartamento come tanti. È lui, Maloof, a intuire che in quelle immagini c’è qualcosa. Talento. Ed è grazie a lui che Miss Viv viene scoperta. Maier però non si godrà la fama, perché muore poco dopo. "Se dovessimo incontrarla oggi a Siena – ha detto Loredana De Pace, curatrice della mostra insieme ad Anne Morin – indosserebbe un impermeabile largo, uno dei suoi cappelli o forse una camicetta. Ma sicuramente avrebbe con sé la sua Rolleiflex".

Il formato quadrato, l’immagine di chi fotografa riflessa in uno specchio, giochi di ombre e dettagli che sembrano anticipare una grammatica moderna, quella dalla quale è nato, per esempio, Instagram. "Ma i suoi non sono mai scatti autoreferenziali – aggiunge la curatrice – tanto che quasi mai guarda in camera. Sono il tentativo di entrare in relazione con il mondo. Di trovare il suo posto".

E il posto che ha trovato a Siena questa mostra è davvero straordinario. Gli scatti sono infatti esposti nei locali della Corticella, nel cuore del Santa Maria della Scala.

"È un momento importante – ha detto Lucia Cresti, presidente della Fondazione Santa Maria – per la restituzione alla città della Corticella. Sono contenta, sia come presidente della fondazione sia come senese, che questo avvenga in occasione di questa grande mostra, che racconta una meravigliosa vicenda artistica e umana. Le foto di Maier sono quadri perfetti per la costruzione dell’immagine, con la sua attenzione alla luce e al dettaglio".