Viadotto sulla Cassia Condannata la ditta

Lavori lasciati a metà. La sentenza: chi doveva eseguirli deve pagare 6 milioni. Il presidente della Provincia, Franceschelli, cauto: "Siamo solo al primo grado"

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Una storia infinta quella che ruota intorno alla Cassia e quel tratto di strada atteso da anni che va da Siena allo svincolo di Monteroni. Il viadotto di Monsindoli sulla Siena-Grosseto era stato approvato da Anas addirittura nel 1989 ma non è stato mai concluso a causa di ritardi dovuti all’individuazione del tracciato e poi ai fallimenti delle imprese appaltatrici.

Così, con lo scorrere del tempo al posto della nuova SR2 sono rimasti solo piloni e cemento e uno spreco di soldi pubblici. Il costo totale dell’opera nel 2009 ammontava indicativamente a 34milioni. Tantissimi per un’opera che è rimasta solo un sogno. Adesso, però, la Provincia potrà almeno tirare un sospiro di sollievo. E’ uscita, infatti, la sentenza di primo grado per la causa della risoluzione in danno del contratto dei lavori tra l’ente e l’impresa esecutrice. Sentenza che ha ribaltato completamente la situazione: basti pensare che l’impresa aveva chiesto oltre tre milioni di euro di danni e adesso ne dovrà pagare il doppio.

Ma il presidente della Provincia Silvio Franceschelli resta cauto. "Siamo solo al primo grado di giudizio – afferma – aspettiamo i livelli successivi. Può accadere che facendo ricorso in appello l’impresa ottenga la sospensiva. Certo, intanto prendiamo atto che c’è stato un primo giudizio che ci dà ragione. Ma ricordiamoci che queste somme non sono liquide e non saranno neanche nella disponibilità della Provincia per fare investimenti. Sono solo somme che possiamo richiedere alla controparte, mettendo comunque in conto che ci potrebbero essere altri risvolti nei successivi gradi di giudizio".

Il Tribunale di Firenze ha infatti condannato la ditta di costruzioni al pagamento di 544.969 euro per il ritardo dei lavori e di 5.991.075 a titolo di risarcimento del danno, oltre al pagamento delle spese legali di 60 mila euro. La Provincia, dal canto suo, avrà anche il diritto al recupero di quanto pagato al ctu a titolo di acconto. "Chiaramente se non è una sentenza passata in giudicato, la Provincia – spiega Franceschelli- deve accantonare in riserva la cifra nella possibilità di un esito diverso dei giudizi successivi. Quindi – ribadisce - anche se riusciamo ad incassare le somme non possiamo utilizzarle ma dobbiamo mantenerle fino alla eventuale sentenza successiva. Senza dimenticare che prima di cantare vittoria bisogna anche considerare che non conosciamo la disponibilità economica della ditta".

S.S.