Varata la ’norma Mps’, sconti fiscali prorogati Il Governo si prende altri sei mesi di tempo

Marattin, presidente della Commissione Finanze, rivela le intenzioni del Mef. Una risposta al rilancio di UniCredit nella trattativa. Si aprono scenari nuovi, le richieste di Orcel inaccettabili per la politica. Dallo spezzatino ai 7 miliardi di aumento di capitale

Migration

di Pino Di Blasio

"ll Governo ha annunciato che nella Manovra di Bilancio ci sarà la proroga al 30 giugno delle Dta, delle imposte differite attive. È una misura che abbiamo sempre giudicato utile per rafforzare le fusioni, non solo nel mondo bancario". Entrando nella riunione dell’esecutivo Abi, il presidente della Commissione Finanze della Camera Luigi Marattin, di Italia Viva, toglie il velo su una manovra che tutti hanno cercato negli allegati alla legge di Bilancio, preparati dal ministro dell’Economia e Finanze, Daniele Franco, senza però riuscire a trovare l’articolato preciso. "Ritengo utile la proroga - ha continuato Marattini - valutando gli effetti e i costi sul bilancio pubblico che però, come sappiamo, non sono solo di breve periodo perché in ottica pluriennale sono compensati".

Così il Ministero avrà sei mesi in più per utilizzare gli incentivi alle aggregazioni tra banche, per trasformare i 2 miliardi e mezzo di perdite nei bilanci precedenti di Mps, in crediti d’imposta per la banca che acquisirà Rocca Salimbeni. E le scadenze saranno armonizzate, dopo un balletto sulle date che ha generato troppa confusione sulla trattativa. Sia per l’Europa, stando ai diktat del piano di ristrutturazione, sia per il Governo, la cessione del 64% del capitale di Banca Monte dei Paschi in mano al Tesoro, avrà maggio-giugno 2022 come data ultima. Senza bisogno di chiedere ulteriori rinvii alla Commissione Ue e alla Dg Comp, il Governo ha già tempo fino all’assemblea Mps che approverà il bilancio 2021 e fino a giugno per allettare compratori con la ’norma Mps’, come è stata ribattezzata.

Non è affatto un passaggio banale. Può essere letta anche come una risposta del Governo che si prende più tempo dopo il rilancio dell’ad UniCredit Andrea Orcel nella partita per il Monte. L’ultima mossa del banchiere però ha anche qualcosa del bluff. Perché è davvero difficile pensare che la politica, uno schieramento che va da Enrico Letta, segretario Pd e neodeputato di Siena, a Matteo Salvini, leader della Lega, dal Movimento 5Stelle a Fratelli d’Italia, oltre all’intero Governo Draghi, possa dare il via libera sulla proposta di acquisto. Il perimetro definito dai negoziatori di UniCredit resterebbe quello di 1.100 sportelli Mps nel Centro Nord, più Widiba. Escluse tutte le altre partecipate, da Capital Services a Leasing&Factoring, 300 sportelli del Centro Sud, il Consorzio Operativo, il marchio, oltre a 5.300 dipendenti in esubero.

Per tacere poi dei 7 miliardi di euro di aumento di capitale a carico del Mef, che per il gruppo di piazza Gae Aulenti, sarebbe l’importo necessario per trovare una soluzione a lungo termine. Una proposta inaccettabile, che ha il sapore del bluff e di chi vuole alzarsi dal tavolo, lasciando al Governo il piatto.

Per questo la proroga delle Dta, unita alla due diligence già fatta sui conti Mps, alle intenzioni dichiarate di Mediocredito centrale sugli sportelli del sud, e di Amco sui crediti deteriorati, può spingere qualcun altro a sedersi al tavolo da poker. E un banchiere di vecchio corso come Corrado Passera, già capo di Poste Italiane e di Intesa Sanpaolo, oggi al vertice del gruppo Illimity, con più di un miliardo di capitalizzazione, allarga l’orizzonte dalle parti di Rocca Salimbeni.

"C’è un domani per le banche tradizionali, che può essere meraviglioso se avranno il coraggio di abbandonare il modello universale - ha dichiarato al Sole 24 Ore -. La finanza italiana è un pò ingessata, ma questa fase è propizia per scuotersi. La trattativa con Unicredit per Mps mi pare ben avviata, ma alle condizioni di cui si legge non escluderei possano esserci anche altre banche interessate". E così il valzer potrebbe ripartire, con Banco Bpm e Bper candidate a rientrare in pista, attirate da aumenti di capitale, alleanze con i bracci finanziari del Tesoro, come MedioCredito e Amco, più una parte di quei 2,5 miliardi di dta. Con Orcel che scenderebbe dal Monte per aver chiesto troppo.