Rivoluzione immunoterapia. "Così stiamo battendo il cancro"

Intervista al professor Michele Maio

A destra il professor Michele Maio

A destra il professor Michele Maio

Siena, 8 novembre 2018 - «L’immunoterapia ha cambiato la storia della cura dei tumori. Il suo scopo non è aumentare di un mese l’aspettativa di vita di tutti i pazienti. Quando funziona, vale a lunghissimo termine. Ci sono malati di tumore, curati con farmaci immunoterapici, che hanno superato abbondantemente il tempo di vita concesso loro dall’oncologia tradizionale. E vivono anche meglio». E’ un momento d’oro per l’immunoterapia oncologica, l’assegnazione del premio Nobel a James Allison e Tasuku Honjo ha segnato l’inizio di una nuova era. Il pioniere in Italia delle cure rivoluzionarie è il professor Michele Maio, direttore del centro di Immuno Oncologia al Policlinico Le Scotte di Siena e autore, assieme a Giovanni Minoli, di un libro dal titolo inequivocabile: ‘Il cancro ha già perso’.

«Il Nobel è stato la ciliegina su una torta preparata da molto tempo. Stiamo raccogliendo i frutti - spiega il professor Maio tra un’intervista in tv e un dibattito - di un’attività iniziata 30 anni fa, tra lo scetticismo degli addetti ai lavori. Anche perché abbiamo ottenuto risultati importanti sulla sopravvivenza dei pazienti».

La scienza guarda all’immunoterapia con altri occhi.. «Prima eravamo la Cenerentola dell’oncologia. Il 99% degli oncologi non considerava le nostre cure. L’interesse internazionale è cresciuto perché si spera che i risultati promettenti possano essere replicati anche per altri tipi di tumori». 

Per questo l’Airc la vuole come testimonial per la ricerca fondi? «Un’attività meritoria, ho un debito di gratitudine assoluto nei confronti di Airc. Mi hanno sempre coinvolto nelle loro attività di ricerca fondi, hanno costantemente finanziato i miei progetti, anche quando nessuno credeva nell’immunoterapia. Risorse che ci hanno permesso di fare moltissimo. Così come contiamo di ottenere grandi risultati da un megaprogetto che coinvolge 70-80 ricercatori italiani. Durerà 7 anni, un tempo mai visto in Italia, con 15 milioni di investimenti totali sull’immunoterapia del cancro».

Come spiegherebbe l’immunoterapia in parole semplici? «È un cambiamento epocale perché è una rivoluzione mentale, una mutazione di prospettiva. Che sta facendo breccia in una nuova generazione di oncologi, capaci di affrancarsi dal monopolio della chemioterapia. La chemio aggredisce direttamente le cellule tumorali; se in due mesi non riesce nel suo obiettivo, l’oncologo sa che deve cambiare tattica. Con l’immunoterapia tu devi rieducare il tuo sistema immunitario a fare quello che sa fare da sempre: distruggere le cellule tumorali».  

Il sistema immunitario, però, spesso non riconosce le cellule malate... «Per questo usiamo dei farmaci che riescono a riattivare le difese contro virus, batteri e cellule che si sono trasformate. Agiscono sull’intero sistema, non arrivano al tumore, ma creano e riattivano le difese idonee per combatterlo. E anche se, inizialmente, la malattia progredisce, tu puoi continuare a fare la terapia, perché potrebbe rispondere dopo».  

I successi migliori sono venuti contro i tumori del sangue? «Anche per tumori ‘solidi’, come il melanoma cutaneo. Fino al 2013 non c’era nessun farmaco in grado di aumentare la sopravvivenza dei pazienti. La chemioterapia veniva usata per spirito di carità. Oggi, con i farmaci immunoterapici, abbiamo triplicato la sopravvivenza dei pazienti fino a 10 anni. E ci sono farmaci immunoterapici per i tumori del polmone, del rene, per quelli testa-collo, per i linfomi di Hodgkin».  

Il bello è che sono senza effetti collaterali... «È uno degli aspetti che mi affascina di più. I nostri pazienti spesso continuano la loro vita normale. A Siena è in cura un ingegnere che, il giorno dopo il trattamento, vola in Russia per il suo lavoro».