Il caso delle presunte torture in carcere, gli agenti tornano al lavoro

L’avvocato Delli: "Misura scaduta il 13 gennaio, non è stata chiesta la prosecuzione". Quattro gli operatori inizialmente interdetti

Il carcere di S. Gimignano in una foto di repertorio

Il carcere di S. Gimignano in una foto di repertorio

Siena, 15 gennaio 2020 - Presunte torture nel carcere di Ranza a San Gimignano, c’è una novità. I quattro operatori – tra cui un ispettore e due assistenti capo – che erano stati sospesi dal servizio a seguito di una misura interdittiva emessa dal gip Alessandro Buccino Grimaldi, sono tornati al lavoro.

Il 13 gennaio, infatti, scadeva appunto la misura che li ha costretti a restare lontano dal penitenziario dove svolgevano da tempo l’attività. E che era stata disposta, si ricorderà, perché accusati di aver avuto un comportamento terribile nei confronti di un detenuto tunisino di 31 anni che non si trova più a Ranza. E che doveva scontare una pena per droga. L’uomo nell’ottobre 2018 era stato spostato di cella e proprio per quanto avvenuto in quei momenti, nel reparto di isolamento dove si trovava, sono finiti nei guai complessivamente 15 operatori penitenziari.

Solo quattro però sono stati sospesi quattro mesi dal lavoro. E ieri mattina si sono presentati dunque al carcere di Ranza. "Confermo che la misura interdittiva è scaduta e che al momento non c’è alcun provvedimento che impedisce al mio assistito di riprendere a svolgere la sua attività", spiega l’avvocato Sergio Delli. Che si limita ad aggiungere, insieme al collega Manfredi Biotti difensore di un ispettore e di due assistente capo: "Attendiamo le valutazioni che assumerà il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria". Potrebbe anche spostarli – ma queste sono solo ipotesi – in altri carceri.

Intanto la procura ha dissequestrato i cellulari presi a tutti gli indagati per effettuare una maxi-perizia e valutare in particolare le conversazioni. I rapporti, eventuali commenti magari proprio su quell’episodio che, si ricorderà, ha portato alla ribalta della cronaca nazionale la vicenda Ranza, con l’arrivo del leader della Lega Matteo Salvini.

E’ stato anche sentito, durante un lungo incidente probatorio, il detenuto tunisino che sarebbe stato picchiato. Credeva di andare a fare la doccia, invece gli sarebbe stato assestato un pugno sulla testa venendo colpito, mentre si trovava in terra, da pugni e calci. Con tanto di frasi ingiuriose e minacce che dovevano servire da monito a tutti gli altri.

Gli indagati hanno sempre negato le torture che contesta il pm Valentina Magnini che nel corso dell’inchiesta ha indagato anche un medico. I reati inizialmente contestati, a vario titolo, ai 15 che hanno un’età fra i 26 e i 55 anni, variavano dalla tortura alle minacce, dalle lesioni alla falsità ideologica. © RIPRODUZIONE RISERVATA